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Gli Statuti di Sassari

Sassari comunale e medievale

Gli Statuti di Sassari sono atti formali e solenni con i quali vennero stabiliti i principi organizzativi ed istituzionali della città di Sassari e della sua contrada.
La prima copia a noi rimasta è del 1316, al tempo del podestà genovese Cavallino degli Onesti o degli Honestis, ed è scritta in lingua latina, anche se ne permane una anche in lingua sarda nella variante logudorese. È composta da tre libri, contenenti rispettivamente 160, 38 e 50 capitoli.
Il primo libro trattava del diritto pubblico interno e le materie economiche: del commercio, dei dazi e della guardia urbana.
Il secondo riguardava il diritto civile e stabiliva l’amministrazione dei beni privati.
Il terzo trattava invece del diritto penale e stabiliva le pene per ogni delitto.

Secondo lo storico Francesco Cesare Casula il comune di Sassari nacque nel 1272 dopo la fine del Giudicato di Torres di cui, nell’ultimo periodo, era stata capitale.
Nel primo periodo i podestà furono pisani, incaricati dalla popolazione del comune di svolgere il proprio governo con “giustizia, obiettività ed imparzialità”. Successivamente, dopo la disastrosa Battaglia della Meloria e la successiva pace di Fucecchio, firmata nel 1293, Genova riuscì ad insediare come podestà dei funzionari liguri.
Fu in quell’epoca che Sassari si fornì di codici di legge, detti Statuti Sassaresi, aggiornati successivamente in epoca arborense e dunque dopo il crollo del Libero comune.
Dopo l’arrivo dell’allora infante Alfonso IV d’Aragona a capo della flotta di 300 navi di suo padre, il Libero comune si offrì di divenire vassallo dell’appena costituito Regno di Sardegna e Corsica, tramite l’ambasciatore Guantino Catoni.
Il passaggio ufficiale avvenne il 4 luglio 1323.

Il testo che segue è tratto dall’opera “Sassari” di Enrico Costa:

Antichità degli Statuti

Gli Statuti del Comune di Sassari (Capitula statuta, et ordinamenta Comunis Sassari) furono pubblicati nel 1316 sotto la podesteria di Cavallino De Honestis (nobilis viri domini Cavallini de honestis, le-gum doctoris, potestatis Sassari). Quindi, a datare dalla sola promulgazione, essi vantano oltre cinque secoli e mezzo.

L’esistenza però di essi risale certo alla metà del secolo XIII, come giustamente osserva il Tola. Nella Convenzione, infatti, del 1294, come abbiamo veduto, sono frequentemente citati i capitoli e le costituzioni sassaresi, e nell’Introduzione dello stesso Codice si dice, che gli Statuti ivi contenuti furono scritti ed esemplati (scripta et exemplata) cioè copiati da originale preesistente. Da ciò si fa manifesto quanto siano pregevoli per antichità siffatte leggi statutarie; perciocché, riscontrando la storia dei Municipi italiani del Medio Evo, si trova che i loro particolari Statuti non sono molto più antichi dei Sassaresi, ed alcuni sono anche più recenti.

Furono scritti in due Codici, (Brevia) uno in lingua latina e l’altro in idioma sardo volgare, come è ordinato nell’articolo 5 del libro I. Quello in lingua sarda doveva essere conservato negli Archivi del Comune; l’altro in lingua latina era dato in custodia ad un onorevole cittadino scelto dal Podestà (istet in guardia de alcuna bona persone). Il primo arrivò quasi intatto fino a noi; del secondo non si hanno che pochi frammenti.

Il libro degli Statuti

Questo prezioso documento, il solo che a noi rimanga del nostro passato, non solo fu condannato all’oblio dai nostri amministratori, ma (quel che è peggio) non si pensò mai a custodirlo; anzi se ne ignorava persino l’esistenza; e quando più volte io domandai di esso, mi si rispose, che non si era più veduto; forse era andato smarrito nell’ordinamento degli uffizi, o trafugato nel 1855, quando il colera infieriva nella nostra città.

– Come mai un simile documento poteva andare smarrito? Chi poteva impunemente trafugare quelle pergamene, e con quale scopo?

Furono queste le domande che feci a me stesso. Dal 1780 in poi nessuna sommossa popolare, né alcun incendio avevano distrutte le Carte del nostro Archivio; d’altra parte il Manno aveva avuto nelle mani ed esaminati gli Statuti nel 1826 – il Valery nel 1837 – e il Tola finalmente dal 1840 al 1850, anno in cui li trascrisse e pubblicò.

Dunque? – Dunque pensai di farne accurata ricerca; e chiesto ed ottenuto dalla Giunta Comunale il permesso di esaminare i libri antichi e Carte esistenti nell’Archivio, mi posi all’opera nel mese d’Ottobre 1879.

Nei primi giorni riuscirono vane le mie ricerche: negli scaffali non esistevano. Frugai per ultimo in un mucchio di libri e carte antiche gettati nel vano di una finestra, la maggior parte dei quali, logori e impastati dall’umido, in modo tale da renderne impossibile la lettura. Il mio sguardo si fermò sopra un libro scucito, che, e per i caratteri gotici, e per le iniziali miniate, credetti in sulle prime un logoro messale: – erano invece i famosi Estatudos en sardo, che vantavano 564 anni di esistenza.

Pensai subito ai frammenti dell’altro esemplare in latino, e continuai le ricerche. Anche questi trovai in quattro o cinque volte, un quadernetto qua, ed uno là, qualche foglio dentro alle pagine di un libro, e qualche altro fra le poche pergamene esistenti negli scaffali.

Prima mia cura fu quella di assicurarmi se a questi preziosi documenti mancassero fogli; li confrontai pagina per pagina col libro del Tola, e combinavano perfettamente.

Il Codice in lingua sarda si compone di 91 fogli membranacei, cioè di 182 pagine non numerate, oltre 4 fogli in bianco fra il Secondo e Terzo Libro. – I frammenti latini invece constano di 49 fogli (98 pagine).

Sono scritti in nero, con grossi caratteri gotici di meravigliosa precisione e di difficile lettura stante le molte abbreviazioni e l’unione delle lettere. Il numero progressivo, le rubriche e le iniziali di ogni capitolo sono scritti in rosso.

Negli ultimi quaderni dei frammenti latini sono aggiunti e frammisti alcuni diplomi dei Re di Aragona a favore della città di Sassari, ed altri ordinamenti posteriori, scritti però quasi tutti con pessimo carattere notarile dei secoli XV e XVI.

Copia autentica degli Statuti

Il Tola, a proposito dei Codici scrive: «In molti luoghi la corrosione e la lacerazione della pergamena, ed in molti altri la sfumatezza dell’inchiostro rende quasi illeggibile la scrittura. I quaderni erano stati cuciti alla rinfusa, e intieri capitoli di un LIBRO frammischiati con quelli di un altro da mano audace ed inesperta. Sicché ho dovuto durare pazientissima e lunganime fatica per riordinarlo e per leggerlo, e sopratutto per riempirne le lacune. Ora però lo ridòno alla mia patria nella sua primitiva interezza…

«Nel 23 Aprile del 1780 il popolo di Sassari, levatosi a rumore per mancanza di frumento, trasse a furia al palazzo del Comune e disperse la maggior parte delle scritture custodite nell’Archivio Municipale. Nel mezzo del tumulto i due Codici furono manomessi dall’orda furibonda dei popolani; ed è grande ventura se non furono del tutto lacerati, come avvenne di molte altre carte. Prima di detto anno ambidue Codici esistevano intieri in ogni loro parte, come si ricava da una nota in lingua spagnuola che si legge in un mezzo foglio di carta attaccato interiormente alla coperta membranacea del Codice Sardo. La nota è la seguente:

«Con este libro del idioma sardo se podran mejor entender muchas menudencias, y cosas, que no se han podido copiar ni leer en el libro latin, por ser consumidos los caracteres en algunas partes, conque non se comprende enteramente el sentido de algunos estatutos, y en otras por no ser el latin volgar antiquissimo (?!) que aora no se pronuncia, y se esplica en este libro sardo; o con su copia authentica, que tamben reposa en esta casa del Consejo desta Ciudad de Sacer».

«La copia autentica (prosegue il Tola) di cui è cenno nella riferita nota, non esiste più negli Archivi Municipali di Sassari; almeno io non ve la rinvenni allorché nel 1840 ebbi facoltà di visitare gli Archivi Municipali. Il Codice Sardo aveva nell’ordine dei libri antichi custoditi dal Comune il n. 690, che vedesi annotato sulla coperta. La medesima porta sul dorso e nelle due facce l’iscrizione: Estatutos de Sacer en sardo, e vi si legge sulla coperta il nome di un Don Carlos de Ribadeneyra, consigliere forse, o ufficiale del Municipio, ovvero detentore temporaneo del Codice».

Io fui più fortunato del Tola, perché continuando le ricerche e frugando dappertutto, il caso mi fece capitare fra le mani la suddetta Copia autentica che sfuggì per sventura alle accurate ricerche del nostro Storico Sassarese. Oltre di ciò trovai pure fra alcune pergamene un altro foglio del Codice latino e altri dieci Privilegi dei Re d’Aragona, non trovati, e quindi non trascritti dal Tola nel suo libro.

Ho detto più sopra sfuggiti al Tola per isventura, e ve ne dirò la ragione. Se la Copia autentica del Codice Sardo, scritta posteriormente (verso il 1650) fosse capitata nelle mani del Tola, questi non avrebbe durata certo la pazientissima e lunganime fatica per riordinare, per leggere e riempire le lacune del Codice originale; perocché avrebbe addirittura trascritta la copia sarda, risparmiando tanti mesi di fatica, e dedicando quel tempo ad altri lavori.

Di più, non avrebbe il Tola incolpato la sommossa sassarese del 1780 di aver manomessi i Codici; né avrebbe scritto che prima di detto anno essi esistevano intieri in ogni loro parte (almeno l’originale sardo). In questa copia autentica, fatta nel 1650, mancano precisamente i diversi articoli contenuti nei fogli che si trovano mancanti nell’originale trascritto dal Tola; e ciò vuol dire, che un secolo e mezzo prima della sommossa popolare del 1780 i fogli mancavano.

Dò questa notizia positiva per il Codice Sardo; in quanto al Codice latino, che si doveva conservare da una buona persona, nessuno può assicurarci che sia stato restituito in ottimo stato al Municipio. In tutti i tempi vi furono bambini in casa, ed i poveri travet, tornando a pranzo, avranno trovato qualche volta le carte d’ufficio trasformate in oche. La differenza è una sola: – nei tempi moderni le oche si fanno di carta, nei tempi antichi si facevano di pergamena.

La copia autentica degli Statuti in sardo, da me trovata, ha sulla coperta membranacea il n. 692, col titolo Capitula Civitatis Sassari idiomate. I diversi articoli che compongono i Tre Libri sono numerati di seguito e ammontano a 269. Consta di fogli 101, ed è mancante del foglio n. 77, strappato di recente.

Nell’ultima pagina è l’autenticazione, scritta in latino, colla quale si dichiara, che la detta copia fu estratta dagli Statuti originali esistenti nell’Archivio Curice Regice Vicarice, confrontata parola per parola da Michele Carbonieddo, notaio e scrivano della stessa Curia, a istanza ed interesse di Costantino Pilo, Sindaco e procuratore della contrada di Romangia.

Dalla detta autenticazione si potrebbe desumere un fatto da nessuno avvertito. Molti storici, fra cui il Tola e l’Angius, gridarono quasi al prodigio perché quei preziosi documenti sfuggirono miracolosamente ai due saccheggi degli Archivi del Comune, dovuti all’invasione dei Francesi nel 1527, ed alla sommossa popolare del 1780. Io credo però, che se gli Statuti si salvarono, fu semplicemente perché essi più non esistevano negli Archivi comunali, bensì nella Regiæ Curiæ Vicariæ. Quando Sassari passò sotto al dominio degli Aragonesi, questi continuarono a governare cogli Statuti dell’antica Repubblica sassarese, ma tolsero i libri dal Palazzo di città, dove non dovevano più stare. E’ questa una mia opinione che espongo con tutta riserva.

Archivio storico comune di Sassari

Per approfondimenti sugli Statuti del Comune di Sassari puoi consultare il sito dell’Archivio storico comunale.