Festini. – «La notte del 1° Gennaio vi furono fuochi e illuminarie per la città e nel palazzo del Comune. Si cantò il Te Deum, a cui assistè la Regia Governazione ed il Municipio; e tuttociò per una vittoria riportata il 10, passato Dicembre, dal nostro re Carlo III nel territorio di Cifuentes, sopra i suoi nemici. Si sparse molto sangue da una parte e dall’altra – ma il nemico lasciò sul campo, a nostro favore, equipaggi e munizioni».
Flotta. – «Sabato sera, 3 Gennaio, arrivò da Cagliari un espresso colla notizia, che Carlo III aveva mandato colà una flotta armata di ventidue vascelli e 4 carcassas per nostra difesa. Ciò, forse, dietro l’informazione che egli ebbe dell’armata nemica in Terranova. Nel giorno seguente vi fu festa e Sermone nella chiesa di Santa Maria».
Palazzo Reale. – «Sabato, 10 Gennaio, si finì di traslocare le masserizie del Palazzo Reale nella casa di Don Giovanni Battista Cugia, perché si aspettava un nuovo Governatore».
Bolle. – «Il 12 Gennaio si pubblicarono le Bolle della Santa Crociata, le quali, grazie a Dio, furono ottenute da S. S. Clemente XI, a petizione del nostro re Carlo III.
Governatore. – «9 Febbraio. Il marchese di Mores, Don Antonio Maria Gaya, prese possesso della Governazione di Sassari, essendo stato nominato da S.E. per la rinuncia a quella carica del cav. G. B. Cugia. Egli prestò giura-mento la mattina, nel Palazzo Reale.
«In questo stesso giorno si fece un Pregone per la città. Chi voleva grano a 11 lire il rasiere, accorresse ai magazzini della città. Il grano del villano (venduto dai villici) correva allora a Ls. 11.10. Non si trovava però danaro. La miseria era molta!».
Un vestito. – «Oggi, 20 Febbraio, ho comprato il vestito e il primo manto a mia figlia Gerolama, nella tienda (negozio) di Pasquino Peraldo; e mi è costato 24 lire, 13 soldi e 4 danari. Lo ha messo la prima volta la domenica seguente, 1° Marzo».
Ecco una buona notizia per i lettori!
Governatore. – «Alle 4 di sera del 7 Marzo, entrò in Palazzo il nuovo governatore di Sassari, Don Ignazio Medrano Castigliano; si diceva fosse colonnello negli eserciti del re Carlo II. Era un uomo di circa 35 anni. Appena si ebbe notizia del suo arrivo, partirono da Sassari per andargli incontro mio cognato Padre Francesco Comida, Fra Francesco Pinna, Padre Michele Cano, ed altri tre o quattro amici. Egli arrivò d’improvviso da Cagliari, e privatamente».
Stato Civile. – «Domenica terza di quaresima, 8 Marzo, nacque un figlio a mio fratello, e lo chiamarono, al fonte, Giovanni».
(Risparmio al lettore la lunga filza dei padrini e padrine).
«In questo tempo, il grano che si vendeva a cinque scudi, si pagò persino a Ls. 9-10; e il vino buono valeva a 4 cagliaresi la pinta». Ciò proverebbe la mancanza di danaro.
Porto d’armi. – «28 Marzo. Si pubblicò un Pregone, in cui si proibiva il porto delle armi. Questa rigorosa misura produsse molto risentimento nel popolo in generale».
Laurea. – «28 Marzo. In questo giorno si graduò (conseguì la laurea) il giovine Giovanni Filippo Pais Serra».
Barancelli. – «10 Aprile. Sfilarono per la Piazza i Barancelli di Sassari, il cui capitano era Antonio Angelo Faedda Marino. Il Governatore non permise che portassero i fucili carichi- e ciò per il Pregone rigoroso che si era pubblicato. Questa Compagnia aveva scelto per barancello Sant’Antonio di Padova, al quale diedero sempre la porzione degli utili, come agli altri».
Ecco un Santo barancello a cui raccomandare le nostre campagne!
Mancanza di pane. – «22 Aprile, mercoledì. Essendo mancato il pane in Sassari, il governatore Don Ignazio Agostino Medrano si portò sulla Piazza, e rimase dinanzi alla Casa Comunale dalle 10 della mattina fino all’imbrunire, facendo egli stesso la distribuzione del pane al popolo; mentre invece i nostri Consiglieri rimasero tutto il giorno chiusi in Città, temendo d’uscire. E causa di questa mancanza fu, che i proprietari avevano di colpo tenuto il grano nei magazzini, e ci tenevano stretti (apretados) avendolo aumentato di quasi 9 lire.
«Nello stesso giorno morì in Bonifacio Giacomo Thadei ex – Console francese in Sassari – il quale si era stabilito in Corsica, fin dal giorno dell’acclamazione di Carlo nostro re».
Assassinio. – «Il 28 Aprile, verso le 9 e mezza di mattina, dentro alla Porteria del Carmine, mastro Filippo Mucci, fiorentino, uccise il suo genero mastro Gerolamo Masia Alboni di Bologna, perché non voleva sposare Maria Mucci. Morì dopo 24 ore precise, e fu seppellito nella stessa chiesa del Car-mine, dove i medici gli fecero l’autopsia».
Tribuna. – «Il 30 Aprile si collocò la tribuna nella chiesa di San Pietro, di fronte alla cappella della Vergine delle Grazie. Fu eseguita dal mastro Giov. Antonio de Querqui».
Stato meteorologico. – «8 Maggio. Si espone nella cattedrale il Santissimo per supplicare Dio affinché renda sereno il tempo, che era molto cattivo, e per freddo, e per pioggie, e per uragani. Domenica doveva uscire la processione, ma non potè aver luogo perché pioveva dirottamente.
«In questo tempo si soffriva moltissima fame in Sassari e nell’Isola. Il grano mancava, e si temeva molto di peste e di altri malanni. Il governatore Medrano operava con molta attività.
«Il 17 Maggio, i contadini (labradores) fecero una processione per scongiurare la fame e la carestia. In quest’anno non si conobbe Aprile!».
Consiglieri. – «25 Maggio. Si fece l’estrazione dei Consiglieri di Sassari, la quale fu sollecitata con molta premura dal governatore Medrano, dovendo egli recarsi in Bosa la stessa sera incaricato della medesima funzione.
«Nella estrazione di Sassari, riuscirono eletti: – Capo giurato, Don Carlo Quesada, il quale in quello stesso momento compiva il tristo ufficio di far seppellire il cadavere della moglie, morta la sera innanzi – Secondo giurato, Don Giovanni Dessena – Terzo giurato, Leonardo Venturoni – Quarto giurato, Andrea Galia – e Quinto, Andrea Ençapado – Clavario dell’Ordinario, Antonio Escano – Clavario della Frumentaria, Giov. Battista Jozè – Ufficiale della Nurra, Don Matteo Quasina – Castellano di Portotorres, Quirico Maccioccu – e Mostassen, Don Maurizio Scardaccio.
«… Il tempo era molto calamitoso. La farina (se alcuna corbula se ne poteva avere) vendevasi a venti soldi; e il grano a più di sei scudi il rasiere. Mancava il danaro».
Rogazioni. – «1, 2 e 3 Giugno. Vi furono le Rogazioni in Sant’Apollinare, per ordine dell’Ill.ma Città, la quale fece delle spese per il Santo Cristo. Vi accorsero le Confraternite e i Religiosi, per pregare il Signore acciocchè ci desse una buona annata di frutti. Temevamo l’ira di Dio per i nostri peccati!».
Governatore. – «Nella notte del 4 Giugno, (di ritorno da Bosa) entrò in Sassari il Governaore, dopo essere passato in Alghero per contrattarvi una partita di grano arrivato con un barco in quel porto. E in effetto in Sassari non ne avevamo che quarantacinque rasieri circa.
«Il tempo era molto fresco- faceva quasi freddo. Era buono per far maturare i grani (?)».
Assolti. – «Il 4 Giugno tornò da Cagliari, libero, Gavino de Querqui e il 6 tornò suo fratello Giovanní Andrea, il quale si era trattenuto due giorni in Torralba».
Frustate. – «Sabato 6 Giugno, frustarono (acotaron) un lacchè [lacayo] di Don Simone Olives, perché giorni prima aveva ucciso il boia (verdugo) di Cagliari – un mozo (servo) spagnuolo, il quale era stato soldato in Cagliari e quindi, per non so qual delitto, fu condannato alla galera in vita; e per schivar la galera accettò la carica di boia.
«In questo stesso giorno si lesse la sentenza di morte a Giuseppe Peres, e fu posto in cappella (confortatorio) per essere impiccato; come diffatti lo fu il lunedì, 8, nel patibolo del Carmine di fuori; e fu sotterrato in San Sebastiano».
Storia di un impiccato. – «Giovedì, 25 Giugno, sull’imbrunire, fu portato a impiccare Tomaso Concudu di Chiaramonti – un famoso ladro e omicida. Fu ben stretto da tre corde, due sottili ed una grossa (cosa non ancora vista). Mentre il boia, sulla forca, gli poneva i piedi sugli omeri per strangolarlo, si ruppero tutte e tre le corde, e boia e condannato stramazzarono a terra. Al Concudu usci un po’ di sangue dal naso… I molti ecclesiastici che stavano attorno al patibolo, lo sollevarono prontamente dal suolo gridando: grazia! e lo accompagnarono alla chiesa di Sant’Agostino. Il Concudu correva con sì grande animo e valore, che la gente che gli teneva dietro non poteva raggiungerlo, era leggero, e tanto di gusto sgambettava!
«I Ministri di Giustizia si portarono subito dal Governatore per informarlo del fatto; e il Governatore ordinò che si ponessero molte guardie armate (montados) attorno alla detta chiesa. La Curia Ecclesiastica fece molto chiasso e protestò; e intanto volle che i soldati stessero un quaranta passi lontani dalla chiesa. Il Concudu se ne stava dentro la sacristia.
«Il giomo seguente, verso le 10 di mattina, la Governazione ordinò che si togliesse il Concudu dalla chiesa e si traducesse in carcere; e cosi fu fatto, per la ragione, che, fra i delitti commessi dal Concudu, vi era un caso proditorio, del quale poteva valersi la chiesa.
«Su questo fatto si fece molto rumore in Sassari e vi furono molte contestazioni fra gli avvocati; dei quali, chi era di opinione che il condannato spettasse al Re – e chi, invece, che spettasse alla Chiesa. Al mezzodì il vicario intendente Don Andrea Brizenò dichiarò per scomunicati (come incorsi nelle censure contenute nella Bolla Gregoriana contro i violatori ecclesiastici) il governatore, Don Ignazio Medrano – Don Francesco Quesada, vice assessore criminale – il proavvocato fiscale, Don Antonio Pintor – Don Giovanni Lacu, capitano dei cavalli -il tenente Francesco Ferrari – due sergenti – due capi squadra – e gli uffiziali assenti Giuseppe Pinna, Michele Serra e Bortolo Enysa. E il giorno stesso fu mandato dalla Governazione un Corriere a Cagliari per riferire l’accaduto».
Seguito dell’impiccato. – «Sabato, 27 Giugno, la Curia fu costretta a dichiarare assolti il Governatore, il Giudice Criminale e il Proavvocato Fiscale della resistenza usata in detenere e non restituire alla chiesa, od al carcere della Curia, il detto Concudu. Verso le 10 della mattina si seppe solo, che si era ordinato di tenere il condannato in carcere con catena e ceppi».
Ancora sull’impiccato. – «Domenica notte, 28 Giugno, fu posto in carcere Bartolomeo il Boia; e il giorno seguente, per molti indizi, si cominciava ad accertare, che il rompersi delle corde non era stato che un inganno (trampa) di esso boia. Si diede l’ordine, che gli si mettessero la catena ed i ceppi, e che non si lasciasse parlare con alcuno.
«Il giovedì, 2 Luglio, tornò da Cagliari il Corriere con molti dispacci della Reale Udienza – e coll’ordine al Vicario Intendente che togliesse o cancellasse, nel termine di otto giorni, le censure».
Esequie. – «Il venerdì, 10 Luglio, dal Capitolo Turritano fu fatta la funzione per le esequie dell’imperatore Giuseppe, fratello di Carlo III, morto il 14 Aprile. I giorni seguenti fu ripetuta la funzione da tutte la altre parrocchie; e ciò per comando dell’Arcivescovo il quale aveva spedito gli ordini da Barcellona».
Sempre sull’impiccato. – «Il 28 Luglio, martedì, sull’imbrunire, arrivò da Cagliari un altro Corriere, coll’ordine che Tomaso Concudu venisse riconsegnato alla chiesa. E dai Ministri della Curia e della Governazione, e da tutti i soldati, verso le 7 di sera, il povero paziente fu accompagnato alla chiesa di Sant’ Agostino. E da questa chiesa, per accordi tra il Vicario e la Governazione, fu poi condotto nel carcere, sotto la vigilanza della Curia, fino alla definitiva decisione – se valesse la chiesa, o no, per il condannato».
Uccisione nella Nurra. – «Il 3 Agosto, nella Nurra, nel sito detto Badde Accu, venne ucciso Giovanni de Querqui, avendo egli ricevuto (a quanto si dice) sei o sette archibugiate, e due o tre il suo cavallo. Non si poterono vedere gli assassini, stante il luogo molto imboscato».
Freddo in Agosto. – «6 Agosto. In questo tempo abbiamo avuto freddo. Non si conobbe giorno di estate (!?).
«Il grano si vendeva a più di quattro scudi; era una pessima annata; una vera disperazione, perché non correva un denaro! Tutto era astancado y perdido. Tempo di ladroni e di generale rovina!».
Stoccate. – «Il 14 Agosto, domenica, alle 7 di mattina. Nicolò Tanquis diè due stoccate a Maria Grazia Altea, moglie di Giovanni Antonio Pira, vicino alla chiesa delle Cappuccine, dalla quale usciva, dopo aver sentito la messa. Però, grazie a Dio, ella non morì!».
Schiaffi. – «Il 20 Agosto, Don Antonio Pilo Samperò diè uno schiaffo venendogli alle spalle, a Don Sebastiano Berlinguer, mentre giuocavano tutti e due a pilota (alla palla)».
Fulmine. – «Alle 7 della mattina del 22 Agosto, cadde un fulmine nella sacristia della chiesa della Trinità, e incenerì una pianeta che stava sopra un altare della stessa sacristia».
Spie. – «Il 26 Agosto, il Governatore con tutti i soldati, arrestarono Paolo Congiu e Antonio Satta, ladri famosi del Campidano. Li presero per mezzo di una spia dietro la vigna di Gavino Carta, posseduta presentemente da Don Giovanni Antonio Fundoni. La spia fu un certo Giovanni Maria Lay, cocchiere di quest’ultimo».
Arresto. – «Il 31 Agosto, verso la mezzanotte, il Governatore coi soldati arrestarono Don Giovanni Antonio Esgrecho, mentre era a pranzo. Lo fecero montare a cavallo e lo recarono nelle vicinanze di Alghero, alla torre del Portal, per ordine del Viceré».
Alla data del 7 Dicembre, nel Diario dell’Usai, trovasi la notizia, che il detto Don Esgrecho fu rilasciato in libertà.
Funerali… – «Il 18 Settembre la campana del Comune e quelle di tutte le chiese di Sassari suonavano a morto per il lutto dell’imperatore Giuseppe, di felice memoria; e i rintocchi continuarono fino a tutto l’indomani. Tutti i Consiglieri ed il Sindaco erano vestiti a lutto. Nella cattedrale eressero un catafalco con 24 ceri di mezza libra e 12 torcie. Si cantò la messa di Requiem da Don Quirico Pilo Manca. Il lutto per l’Imperatore fu tenuto dal Sindaco e dai Consiglieri fino alla vigilia di San Gavino, alli 25 di Ottobre (!)».
…e Danze. – «Il 29 Novembre, domenica, si pose il quadro del nostro re e imperatore, Carlo III e VI, in pubblica mostra nella casa del Comune, e si fecero feste che durarono fino al martedì notte, col suono delle campane (repicando), accendendo fuochi, e facendo luminarie per tutta la città. La domenica mattina il Governatore col Municipio si recarono a San Nicola, dove fu cantato il Te Deum. Sul tardi vi fu cavalcata de toda la Noblesa, Matriculados, e Municipio; alla cui casa convennero tutti, e di là mossero al Palazzo Reale per prendervi il Governatore, il quale prese posto fra Don De Sena e Don Venturoni, secondo e terzo giurato, perché il giurato capo Don Carlo Quesada estava infermo. Precedettero i soldati a cavallo colla spada alla mano, poi il Governatore fra i due Giurati; dietro di loro, la Città e Matricolati, e in ultimo i Barancelli. Voltarono per la Stretta della Cona, e per dinanzi a Santa Catterina, e per la Carra e Carrera Longa, e per Santa Elisabetta; e salimmo (l’Usai, dunque, era in processione!) dalla Porta Uzeri fino a San Pietro; – e i frati c’incontrarono nel Portico, dove cantarono il Te Deum. E così entrammo in chiesa; e, inginocchiati dinanzi all’altare della Vergine delle Grazie, si cantò poi una Salve con organo, in azione di grazia; e ripassando per il Campo di Betlem (Santa Maria) entrammo nella Porta di Sant’Antonio, e poi lungo la Piazza (il Corso) fino al Palazzo Reale, dove lasciammo il Governatore. Poi accompagnammo i Consiglieri alla Città, e di là ognuno a casa sua. Ah, per certo fu una bella funzione!».
Il notaio Usai dev’essere stato ben contento quella domenica!
Pugnalate. – «A mezzodì del 29 Dicembre, Pietro Francesco Olmeta, corso, diede tre pugnalate a mastro Giorgio Brandino nella Piazza; e passando per caso di là Don Francesco Quesada, vice assessore criminale, colse egli stesso il feritore, mentre stava per rifugiarsi in San Nicola, e con l’aiuto di Giuseppe Pinna lo condusse in carcere».
Il lettore avrà osservato, che a quei tempi e Governatori e Assessori Criminali, ed altri grossi uffiziali, non avevano difficoltà alcuna a correre in persona dietro i ladri! Erano impiegati coscienziosi allora!