La lira di Genova era la moneta in corso ai tempi della Repubblica Sassarese. Si noti che nel Codice, a fianco della parola lire, è sempre scritto genovesi, che noi per brevità abbiamo omesso nei diversi articoli citati in questa Parte Quarta. Il valore di questa lira non possiamo veramente stabilirlo con precisione. Il Tola però nota, che, tenendo per base che nella pace pisana firmata nel 1288 una marca d’argento è valutata 4 lire di Genova, e che la stessa marca corrispondeva approssimativamente, in quel tempo, a 9 oncie, o poco più, del peso sottile di Genova, si potrebbe trovare il giusto valore.
Senza preoccuparmi del valore dell’oncia nel 1300, ho fatto ricerca di una lira genovese di quei tempi; e, pesatala, trovai che il suo peso era di 9 grammi e due decimi; tenuto calcolo del consumo, ho potuto stabilire con sicurezza che il suo valore reale in argento corrispondeva a lire 1,92 – precisamente come la lira sarda da noi sempre posseduta, tanto sotto i Reali di Spagna quanto sotto ai Reali di Savoia, e che venne ritirata dal corso colla legge 1861. Ai tempi però della Spagna e del Piemonte non avevamo la pezza di una lira, ma essa veniva formata da quattro reali, ognuno dei quali equivaleva a 48 centesimi.
Riepilogando, dunque, diremo: che la lira genovese si divideva in 10 soldi e il soldo in 12 danari. Il valore poi di queste monete, relativo all’attuale sistema decimale, sarebbe il seguente:
La lira di Genova valeva lire italiane 1,92 – il soldo 9 centesimi e sei millesimi; il danaro, otto millesimi.
E per farsi un’idea più chiara del valore monetario d’allora col valore monetario d’oggi (senza esser costretti al calcolo dei millesimi) si può ritenere approssimativamente che:
La lira di Genova equivaleva alle attuali lire 2 italiane.
Il soldo, a 10 centesimi.
I sei danari, a 5 centesimi.
E questo calcolo valga sempre per i diversi Governi che dominarono la Sardegna fino al 1861.
Anche oggidì, a Sassari, quando si vuol dire cinque centesimi, si dice volgarmente sédinà (sei danari).
Da quanto abbiamo esposto risulterebbe, che il sistema monetario della lira sarda, soldi e danari, ci provvenne direttamente dalla Repubblica Sassarese; gli Spagnuoli hanno conservato lo stesso sistema quando sottentrarono al Governo nazionale; – e come gli Spagnuoli colla Repubblica, così fecero i reali di Savoia cogli Spagnuoli, quando la Sardegna passò sotto al loro dominio.
E giacché abbiamo parlato delle monete, torna qui in acconcio dire che esse si coniavano anche a Sassari, e la Zecca esisteva allora vicino all’attuale monastero delle Cappuccine; e, propriamente, occupava l’area dell’attuale casa dei Satta Minutili verso Campu di Carra, all’imbocco del Vicolo chiuso B, che trovasi più in sù del Vicolo Pigozzi. Sul Corso erano i locali degli impiegati dello stabilimento; nel centro era un largo cortile, e le fonderie esistevano alla parte opposta, cioè verso l’attuale Via San Carlo.
L’art. 35 dice: «Qualunque persona falsificherà moneta, o farà un conio falso, sia arso vivo, in tale guisa qui morgiat. E chi limerà (aet tunder) alcuna moneta paghi di multa 100 lire di Genova, e se non paga in 10 giorni, gli si tagli la mano destra dal braccio».