Nel 1316 nei dintorni di Sassari non esistevano che sole vigne, orti, frutteti e terreni aratori. L’olivo, che oggi forma la principale ricchezza delle nostre campagne, era sconosciuto. Nei Codici della Repubblica non si fa mai menzione né di olio, né di olivi.
Quanto a viti, ne esisteva un tal numero, che si proibiva con un articolo degli Statuti di pastinare vigne nuove nel territorio di Sassari, salvo che non si volessero sostituire i vecchi con nuovi tralci. Dalle leggi di quel tempo si può con sicurezza rilevare il modo con cui si coltivavano le vigne: -le viti venivano assicurate a paloni, come usasi a Napoli, in Toscana e in molti altri luoghi del Continente. Oggigiorno invece la vite è abbandonata a sé stessa.
Il vino a Sassari era abbondantissimo e bastava al consumo delle popolazioni ed al commercio; esso non si poteva vendere più di 4 danari la pinta. Era anzi proibito di far venire vino da Terramanna (Terraferma); e chi per sventura ne faceva venire, pagava di multa 3 lire ogni bariu (carico) oltre alla perdita del vino e del recipiente; e se per caso il vino si era caricato sopra un cavallo, sopra un asino, o sopra un bue, il proprietario perdeva anche queste povere bestie, delle quali si appropriava il Comune.
Ogni proprietario di vigna doveva pagare soldi 10 per ogni botte di vino; erano soltanto esenti dalla tassa i frati e le compagnie religiose. Usanza d’altronde naturalissima, che durò sotto gli Spagnuoli e sotto i Piemontesi. Il popolo pagava per i frati!
Le campagne erano considerate quasi come sacre, e molto si pensava ad esse. Si legge infatti nel Codice un articolo che obbliga i cittadini tutti di Sassari, dai 14 ai 70 anni (eccettuati i Giurati di Credenza) a fare il Jura de iscolcha (giuramento di territorio), il quale consisteva, non solo nel giurare di non far danno alcuno colla persona o con bestia in avros (campi arati e preparati pel seminerio), in vigne, orti, ecc., ma ancora di accusare tutti quei malfattori che avessero visto far danno nei terreni altrui. E chi non voleva giurare, era multato di 20 soldi.
Nello stesso articolo è detto: secondo la usanza antica, e ciò prova ad evidenza che quest’uso risaliva fino ai tempi dei Pisani, e che la legge apparteneva ai Codici antichissimi che vennero dispersi, e non pervennero a noi.
Le pene per i ladri di campagna erano rigorosissime. L’art. 27 dice a proposito degli alberi: «Qualunque persona tagliasse, o levasse dalle radici, o rubasse da qualunque terra o vigna alberi, o piantone, se gli alberi danneggiati o rubati sono da 10 in giù, paghi 10 soldi per albero e rimborsi il danno, dichiarato con semplice giuramento dal danneggiato. Se gli alberi sono da 10 in sù, allora la multa sia di lire 25, oltre il risarcimento dei danni; e se non paga gli si tagli la mano destra».
Per le vigne non erano meno rigorose le pene. Chi toglieva tralci da pastinare dall’altrui vigna, senza ordine del padrone, era punito con 100 soldi di multa. – Chi tagliava, in terra d’altri, fino a 10 viti, pagava 2 soldi per vite. Dalle 10 alle 50 viti, pagava lire 10; dalle 50 alle 100, lire 20, oltre il risarcimento di tutti i danni. E se non pagava gli si tagliava la mano destra. Se poi il furto era dalle 100 viti in sù, la multa saliva fino a lire 40 – e se il ladro non poteva pagarle, lo s’impiccava per la gola. – Se infine, un maligno od un matto, appiccava fuoco all’altrui vigna, o alla propria, oltre il risarcimento del danno, doveva pagare lire 25; e se non aveva danaro, il Codice lo faceva impiccare (siat impiccatu per issa gula si qui morgiat).
Nessuna persona poteva entrare in vigna od orto altrui senz’ordine del padrone, né poteva levare frutta, clusura, legna o pietra, sotto multa di 10 soldi, di cui 5 al Comune e 5 all’accusatore.
Chi poi entrava in alcuna vigna od orto altrui, dal mese di Lampada (Giugno) fino al mese di Sanctu Gavini (Ottobre) pagava 40 soldi; e alla stessa multa era condannato chi, lungo l’anno, entrava in vigna chiusa a muro (muru fraicu). Per prova bastava la semplice accusa del padrone, senza però che questo potesse partecipare alla metà della multa. Questa disposizione era saggia, perocché mentre non dava luogo alla ingordigia di un falso accusatore, metteva pure il padrone della vigna od orto nell’imbarazzo di compromettere un povero diavolo.
Oggigiorno invece si entra con molta facilità nelle vigne e negli oliveti, e si danneggiano gli alberi col pretesto della caccia! A quei tempi però la polvere non era ancora inventata, e si cacciava colle sole reti o col vischio; ragione per cui le pernici si vendevano 4 danari l’una – prezzo esorbitante, ove si consideri che con 4 danari si compravano sei libbre di carne di bue!