La città nuova. – La città di Sassari cominciò a cambiar faccia nei sei anni che corsero dal 1825 al 1831: dopo cioè la restaurazione del Palazzo e Teatro Civico per munificenza di Carlo Felice; dopo l’impianto dell’illuminazione notturna; e specialmente dopo l’arrivo a Sassari del Governatore Crotti, alla cui solerzia ed iniziativa si deve in gran parte lo sviluppo dell’edilizia ed il tracciamento delle Appendici.
Durante i sette anni di governo di questo funzionario (coadiuvato dal buon gusto dell’ingegnere Enrico Marchesi) la città fu animata da un vero spirito di progresso, sì morale che materiale.
Nell’ultimo decennio del governo assoluto il paese aveva preso un nuovo aspetto: in seguito si trasformò completamente, durante il primo trentennio del periodo costituzionale.
Fisionomia e carattere. – Lo abbiamo già detto: lo stile è l’uomo – e l’uomo ha uno specchio nell’architettura.
Le città si trasformano. L’antico e buon ambrosiano ha perduto il suo tipo nella moderna capitale della Lombardia. Firenze si abbellisce. Torino fa toeletta. La Roma dei Cesari è scomparsa sotto la Roma dei Papi, come la Roma papale ha cambiato d’aspetto sotto la corteccia burocratica della Roma italiana.
Napoli, sotto il suo cielo di zaffiro, conserva ancora una parte del suo popolo vergine. Il giorno in cui il lazzarone co’ suoi canti e le sue tarantelle sparirà del tutto dalle ridenti spiaggie di Mergellina, spariranno con lui le pittoresche casette e le vie caratteristiche dei bassi quartieri.
Le usanze tradizionali arrossiscono all’apparire della civiltà. Il turco, il greco, il giapponese indosseranno l’abito a coda di rondine – e Sassari non sarà seconda ad alcuna città del mondo. Il giovane zappatore ha già chiuso nel vecchio forziere di famiglia il berretto a tre piani e il tradizionale cuglietto del suo genitore. Ci vergogniamo dei nostri padri, e questo è indizio che siamo già sulla via del progresso!
Tutte le città tendono alla simmetria – tutti gli uomini alla eguaglianza. La fisonomia caratteristica dei singoli paesi è condannata ad alterarsi sotto le esigenze dei tempi nuovi. Le città non sono più quadri originali: sono copie. Si fotografano a vicenda; diventano simmetriche, compassate, regolari e per conseguenza monotone.
E fu per evocare il passato della nostra Sassari, che mi decisi a scrivere questo libro. Sarà come un commiato, come un addio ai vecchi edifizi, alle vecchie usanze, alle antiche abitudini dei padri nostri. Mi fermerò di preferenza sulla Sassari morta e sulla Sassari che se ne va, passando a volo sulla Sassari nascente, che iniziò la vita novella sulle ceneri della trapassata.
Progresso ed errori. – Dal 1837 in poi sono notevoli le innovazioni fatte. Come per incanto sorsero le Appendici: una nuova città. Si tracciò il nuovo Camposanto ed il Giardino pubblico; vennero costruiti edifizi d’importanza; vennero innalzati diversi monumenti; sorsero numerose scuole, istituzioni di beneficenza, istituti di credito; si fondarono associazioni, circoli, società diverse; le tipografie e il giornalismo presero un largo sviluppo. Una vera trasformazione meravigliosa in meno di un mezzo secolo!
Sassari posa sopra una collina; è circondata da una selva di oliveti, da una immensa distesa di vigne, da rigogliosi giardini ed orti feracissimi. Veduta da lontano si presenta come un branco di bianche pecorelle, pascolanti sul verde d’una campagna amena. Al nord la Sassari vecchia – al sud la Sassari nuova. Una parte accenna alla povertà del presente – l’altra parte alla ricchezza dell’avvenire. Giù, a S. Apollinare, la Sassari che muore – su, verso il Molino a vento, la Sassari che nasce.
Siffatto agglomeramento di vecchio e di nuovo, di passato e d’avvenire, giace fra due immani errori: un errore antico, ed un errore moderno. Il campo dei morti vicino a Sassari morente – la dimora dei prigionieri in mezzo a Sassari che nasce.
Per allacciare questi due errori, ne sorge un terzo nel centro della città: – la Caserma militare, che divide la nuova dalla vecchia Sassari. La superba piazza d’Italia è incastrata fra il ricovero dei soldati e quello dei prigionieri.
Mancanza di previsione. – Sassari nel passato non fu sempre felice nelle sue innovazioni. Le bastò un mezzo secolo per accorgersi che non seppe prevedere i comodi ed i bisogni delle future generazioni.
Cominciò col restaurare le sue vecchie carceri; ma non tardò ad avvedersi ch’erano insufficienti per rinchiudervi i suoi prigionieri ed allora creò succursali da per tutto, fino a pensare seriamente ad un carcere nuovo.
Pentita di aver costrutto il Teatro Civico in un guscio di noce essa si decise a costrurre un Politeama, perché un numero maggiore di cittadini accorresse agli spettacoli.
Costrusse per la munificenza di Carlo Felice un’elegante Casa Comunale; ma finì per prendere in affitto, e poi acquistare la casa di un privato, per collocarvi i suoi impiegati e i suoi consiglieri.
Tracciò un bel Camposanto nel 1835, ma fu costretta per quattro volte ad allargarlo per potervi adagiare tutti i suoi morti.
In odio agli asinelli di Rosello, volle nel 1880 spendere un occhio per la costruzione di un acquedotto; ma si accorse, non appena inaugurato, che non dava acqua sufficiente per dissetare la intiera popolazione.
Eppure – con tutti questi errori, in gran parte riveduti e corretti – dobbiamo sinceramente riconoscere che la città di Sassari è in continuo progresso, e questo progresso sarà pienamente raggiunto, quando si riuscirà a strappare le viscere ai due rioni di S. Donato e di S. Apollinare. Fino a quel giorno, però, la Sassari vecchia sarà un permanente rimprovero per la Sassari nuova!