Proposta di un mazziere
Prima del 1700 la città di Sassari non aveva passeggiate perché veramente non ne sentiva il bisogno. Tutti gli scrittori antichi sono concordi nel vantare gli ameni dintorni del paese, ricchi di orti, giardini e campi verdeggianti, dove i cittadini si recavano con frequenza per godere un po’ di sole nell’inverno e un po’ di fresco nell’estate.
La prima menzione che io trovo di passeggiate pubbliche in Sassari è nell’anno 1704. Nel Colloquio del 6 Maggio i Consiglieri accettarono la proposta del Mazziere civico Proto de Serra, il quale si assumeva l’incarico «di piantare extra muros una quantità di olmi in crociera (olmeda en cruyero) dalla Porta d’Utzeri fino a S. Paolo, da Santa Maria alla muraglia bassa di Porta S. Antonio, e da Porta nuova al di là di Pozzo di Rena, cammin cammino, fin dove è la cava della terra rossa (tierra roja) verso la strada del Carmine vecchio e fino a S. Agostino».
Il Capo Giurato riferiva: che Proto de Serra, per siffatta opera, non chiedeva che soli venti scudi, da prelevarsi dal diritto degli acquaioli, pagabili a rate. a poco a poco, come meglio sarebbe piaciuto ai Consiglieri successori, quando egli avrebbe piantato i detti alberi. La città non doveva fornirgli che la pietra occorrente, e le siepi per la conservazione dei viali, affinché i monelli (los muchachos) non danneggiassero le piante. E la proposta del Mazziere fu accettata, in considerazione del molto lavoro e della poca paga, tenendo conto che egli avrebbe pur sorvegliato gli olmi, che si erano piantati in quell’anno 1704 da Porta Nuova fino al primer crocifix de San Pedro.
Da questa deliberazione apprendiamo: che nel 1704 ebbe luogo la piantagione degli olmi sulla strada di S. Pietro e che dobbiamo all’iniziativa di un povero inserviente comunale tutte le altre passeggiate pubbliche intorno alla città.
Altra curiosa proposta
Il così detto Campo di Santa Maria (in parte oggi occupato dal Gazogeno e dalla stazione ferroviaria) non era troppo ameno nello scorcio del secolo XVIII. Trovo nell’Archivio una lunga relazione di 9 pagine, in data dell’11 Gennaio 1790, diretta al Governatore, e firmata da cinque cittadini: Avv. Pier Luigi Fontana, Giovanni Murro, Luigi Palomba, Giuseppe Maria Aquenza e quell’avvocato Gioachino Mundula, l’ardente repubblicano, che in seguito doveva prendere sì larga parte alla rivoluzione angioina. La riassumo, riportando qualche brano:
«Considerando, che presto o tardi verrebbe a guastarsi o a perdersi la gran strada di Portotorres che si sta rifacendo pel miglioramento del commercio, i sottoscritti domandano, che venga loro ceduto il Campo di Santa Maria di Betlem, che trovasi tra la muraglia di Porta d’Utzeri ed i conventi dei padri Claustrali e Mercedari – terreno incolto che serve a pascolo di qualche abbandonato ronzino, o dei buoi da carro, prima della partenza coi carichi. Quel terreno potrebbe dividersi in orti, lasciando liberi i soli sentieri di accesso ai conventi, agli abbeveratoi ed alle campagne. Tali orti potrebbero vendersi, od affittarsi (come suol farsi del quadrato denominato Orto regio, che trovasi in quel sito, circondato da fosso) col ricavo di 200 scudi all’anno.
«I vantaggi sarebbero: la manutenzione di quella strada, dalla quale dipende il commercio di Sassari; una maggior abbondanza di erbaggi e legumi; un miglioramento dell’aria; l’allontanamento dei letamai che deformano i dintorni, e che servirebbero a colmare i fossi mal fatti, in quel sito così vicino alla città; ed al migliore mantenimento degli stradoni, dove il pubblico giornalmente si prende salutare ricreazione.
«Lo svantaggio non sarebbe che il mancato pascolo a quei ronzini ed a quei buoi, che non meritano riguardi (!), poiché, addivenendo alla prescritta riforma dei carri, da sostituirsi dall’uso dei carrettoni più comodi ed utili, i buoi (oggidì soverchiamente numerosi) sarebbero impiegati nell’agricoltura, ed i cavalli mantenuti nelle case (!) e nei cortili. Del resto, ai buoi ed ai carri si potrebbe assegnare il terreno attiguo alla vicina chiesa di San Lorenzo, o a quella di San Biagio, ove al presente si fermano i carri.
«Oltre a ciò, si toglierebbe il pericolo che di frequente minaccia le persone che passeggiano in quei dintorni, sovente investite o perseguitate da quelle bestie infuriate o tormentate dalle mosche in estate: nel tempo, cioè, in cui più si gode il passeggio in quel sito, per le frequenti gite alle chiese di S. Maria e di S. Paolo – come molti succeduti esempi a tutti noti (!!). E così pure, quei buoi più non guasterebbero gli alberi dei vicini stradoni…».
I cinque cittadini conchiudono, esortando il Governatore ad autorizzare e permettere che si riduca ad orti il terreno di Santa Maria, per venderli, od affittarli.
Con siffatta relazione abbiamo appreso molte cose, fra le quali queste: che nel 1790 i cittadini sassaresi aspiravano ai carrettoni, come nel 1860 aspiravano alle ferrovie; e che le persone che passeggiavano nei viali di Santa Maria erano ben sovente inseguite, ed anche incornate dai buoi. Altro che frescure, aure profumate, e panorami incantevoli, vantati dall’Angius e dal Valéry!
Il 10 Febbraio 1797, il Viceré Vivalda, secondando il consiglio del cav. Valentino (che reggeva in Sassari la Governazione) ordinava un pronto riattamento dei caduti stradoni, per cui era necessaria l’opera dei condannati alla galera di stanza a Sassari. Certo non aveva di mira la comodità della passeggiata!
Cura delle passeggiate
La manutenzione degli olmi nelle passeggiate della città fu sempre curata gelosamente dal Municipio. Lo scrittore P. Napoli, nel 1814, vanta gli ombrosi viali di Sassari.
Nel 14 Giugno 1817 il Municipio nomina il nuovo incaricato dell’inaffiamento settimanale di tutti i piantoni di olmi esistenti negli stradoni.
Il Valéry, nel 1835, ha parole di lode per i bellissimi e variati passeggi dei Bastioni esterni; e ricorda con piacere le lunghe sere di estate ivi passate in compagnia di distinti ufficiali, avvocati, medici, religiosi e professori, fra i quali cita il poeta Stanislao Caboni, allora Vice Intendente Generale di Sassari.
I1 6 Marzo 1838 il Municipio ricorre al Viceré contro il Genio civile, il quale voleva appropriarsi degli olmi atterrati dal vento lungo il tratto di stradone tra Porta S. Antonio e il Casino del Marchese Boyl. Il Municipio dichiara, che quell’alberatura era antichissima, e che apparteneva al Comune, il quale l’aveva iniziata e coltivata assiduamente.
Nel Maggio del 1846 fu proposta in Consiglio la nomina del giardiniere Stella (in sostituzione di altro inabile e pigro) alla carica di Civico Cantoniere, per il miglioramento dell’alberatura nelle strade di circonvallazione e nei viali del Camposanto.
Passeggiate nel 1848
Le passeggiate di Sassari – quali vennero indicate nelle due piante degli ingegneri Cominotti e Marchesi (nel 1829 e 1837) – esistettero per lungo tempo.
L’Angius (che scriveva nel 1848) ne fa menzione. Egli loda la superba vegetazione dei grandi olmi che recingevano in doppia fila tutta la cinta delle muraglie; ammira le bellissime strade alberate da Porta Rosello ai Cappuccini; quelle che da Porta d’Utzeri e da Porta nuova conducevano a San Pietro, da Porta S. Antonio al di là della casetta Boyl, e da Porta Castello verso la Scala di Ciogga; vanta inoltre gli ombrosi boschetti di acacie e platani che si trovavano presso le chiese dei Cappuccini e di Santa Maria di Betlem. Ma né lui, né altri, ricordarono il povero mazziere Proto de Serra, al quale si dovevano quelle bellissime passeggiate!
Primo Giardino pubblico
Lo stesso Angius scriveva nel 1848, che Sassari non aveva bisogno di un giardino pubblico speciale, poiché ne aveva all’intorno uno sì vago ed ameno, che l’arte non avrebbe potuto far di meglio. «Tuttavia (egli soggiunge) se ne sta disegnando uno artificiale presso Pozzo di Rena, che in seguito verrà ingrandito…».
Ed è questo precisamente il tempo della formazione del primo giardino pubblico; il quale consisteva in un semplice viale, e nel breve rialzo terrapieno che fiancheggia la casa di Francesco Porcellana. Fra questo fabbricato e la Torre Torondola erasi aperto un altro viale alberato.
Come altrove abbiamo detto, erasi lasciata libera quella parte di terreno verso ponente, destinata ad area fabbricabile nei due progetti d’ingrandimento della città – vasto spazio oggi occupato in tutta la sua lunghezza dai giardini pubblici e dalla piazza d’armi.
La parte del giardino che trovasi di fronte all’edifizio dell’Università, da Porta nuova alla Torre tonda, era allora in fosso, e coltivata ad orti; la parte superiore, verso la strada di Rizzeddu, era accidentata ed incolta, e vi si piantavano anche allora le forche, come nei tempi antichi.
Dal 1848 al 1854 il Municipio continuò a curare la manutenzione del piccolo giardino, proibendo a chicchessia di apportarvi danno. Ricorse più volte contro i soldati che vi facevano le esercitazioni, poiché essi estirpavano i fiori ed incidevano il tronco delle piante con le baionette (1852).
Avendo deliberato di allargare il giardino verso Rizzeddu, il Municipio nel 1856 si rivolse all’Autorità giudiziaria, lamentando che nei giorni di esecuzione capitale venivano danneggiate le piante per il considerevole concorso dei curiosi e perciò pregava che le forche si togliessero di là, per essere piantate nel largo di San Paolo, assai più adatto per simili spettacoli.
Il Giardino si allarga
Allargato il pubblico giardino verso la parte di Rizzeddu, si pensò di allargarlo verso Porta nuova. Nel Maggio del 1862 si deliberò di terrapienare il fosso coltivato ad orti, dove si tracciarono altri viali e s’iniziò una nuova alberatura.
Assunto in carica nel 1863 il nuovo sindaco Stefano Usai, egli dedicò ogni sua cura ai pubblici giardini, dirigendo in persona i lavori, e completando i viali e le passeggiate, come si trovano al presente.
Nel 1865 fu deliberata la formazione del grande viale centrale per le carrozze ed i cavalli di lusso. Nell’Aprile dell’anno seguente vennero inaugurati i busti in terra cotta dei quattro poeti italiani (Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso).
A spese del sindaco Usai vennero eseguite nel 1869 le due vasche, una delle quali con ringhiera in ferro: in seguito si acquistarono le statue in terra cotta rappresentanti le quattro stagioni e nell’Agosto s’inaugurò il zampillo della vasca maggiore. Due anni dopo venne costrutto il pergolato in ferro, il sedile semicircolare, e lo stemma in stucco, sempre per iniziativa e a spese del benemerito Usai, ben a ragione designato col nome di Sindaco del giardino pubblico. Lo stemma coi cavalli venne eseguito dagli artisti Galeazzo e Bernardini. Nella scritta leggesi: S. Usai Sindaco, MDCCCLXXI (1871).
E d’allora in poi il giardino pubblico continuò sempre ad abbellirsi. Nel 1882 venne eseguito e collocato lo chalet in legno ad uso caffè, opera dei fratelli Clemente, rimasto in piedi oltre una diecina d’anni. Nel 1889 (sotto il sindacato Basso) fu rifatto il rialzo circolare con ringhiera di ferro, destinato ai concerti della banda musicale in estate. I cinque viali del giardino pubblico – della lunghezza di 400 metri – vennero in seguito ridotti a soli tre, per rendere più comodo il passeggio e più rigogliosa l’alberatura.
Due altre passeggiate vengono oggi preferite dai cittadini: quella dei Cappuccini e quella del Serbatoio; la prima, dopo che nel 1873 venne deliberata, su proposta di Don Simone Manca, la nuova strada, mediante il gettito dei rottami nel fosso della noce; e la seconda, dopo che nel 1888 venne alberata la strada e formato il boschetto a fianco del serbatoio dell’acquedotto, per iniziativa e disegno dell’assessore Marchese Fantini.
Piazza d’armi
Spigolo alcune notizie sul terreno destinato a Campo di Marte, ossia agli esercizi militari.
1823 (6 Aprile). – Si supplica il Capitano del Genio affinché venga portato a termine il campo di Marte nel terreno appartenente ai Padri Domenicani, in vicinanza del Castello.
1844 (26 Giugno). – Riconosciuto dal Governo il bisogno di migliorare ed ingrandire il Campo di Marte, il Municipio discute sulla indennità da pagarsi all’ortolano, che doveva cedere il terreno, a lui affittato.
1850. – Verso questo tempo le milizie facevano le esercitazioni nel campo di Baddimanna, oppure verso l’attuale giardino pubblico, nelle adiacenze del Carmine vecchio.
Dopo il 1878 si destinò a piazza d’armi il vasto tratto a tergo dell’Ospedale civile: il qual terreno (già destinato ad area fabbricabile nel 1829 e 1837) venne più volte adattato a pista od arena per le corse dei cavalli e delle biciclette, specialmente in occasione delle feste di Ferragosto.