Le vie della città
Basta gettare uno sguardo alla vecchia Sassari per convincersi che l’antica sua struttura era peggiore di quella odierna… che è pessima. Le vie che la solcavano (e tuttora la solcano verso settentrione e specialmente nei quartieri bassi di S. Apollinare, S. Donato e S. Nicola) sono anguste, contorte, mancanti di livello. Esse accennano ad un brutto villaggio, più che ad una città.
Non fu che verso il 1835, con la formazione delle Appendici, che si pensò alla regolarità delle vie che oggi vanta la città nuova.
Crollate le vecchie muraglie, accadde… ciò che doveva accadere. Avidi di luce, d’aria e di libertà (da secoli implorate e contrastate) i cittadini si slanciarono fuori delle cinque porte, e fabbricarono la nuova Sassari, che sorge bella, ariosa, regolare, con case linde disciplinate dalla squadra, e con vie diritte e simmetriche.
La vecchia Sassari, all’incontro, respirò meglio, ma dovette esporre al pubblico le proprie miserie – quelle miserie che prima celava pudicamente negli angoli più oscuri, più remoti e più inaccessibili del paese.
La via maestra
Fin dai tempi della repubblica sassarese, questa via era la principale della città – la prediletta, la nobilissima, perché punto di riunione dei cittadini d’ogni ceto, e centro del movimento commerciale.
Nel 1294 (e anche prima) era chiamata Ruga, o Platha de Cotinas – e cioè perché formata ed aperta sulla viva roccia (in sardo cotina, o codina). Così affermarono il Tola e l’Angius, e così dissi anch’io. Oggi però mi nasce il dubbio che la parola cotinas avesse in antico un significato diverso, la cui origine io ignoro. Di roccia erano allora tutte le vie della città, né so per qual ragione quel nome servì a battezzare la sola via maestra.
Il Sisco dice di aver letto in una carta del 1448, che in quell’anno si dava il nome di Cotinis ad una via della parrocchia di S. Apollinare; ma lo scrupoloso cronista prese un abbaglio. La carta indicava certamente il tratto della via maestra (Cotinis) che apparteneva alla parrocchiale di S. Apollinare. Trovo, per esempio, in atto pubblico del 1539, la cessione di un palacium, situm in Plàtea de Codines, in capella Sancte Catherine, e deve intendersi nella parte superiore della Piazza, verso la Carra piccola – come per via de Cotinas in parrocchia di S. Apollinare deve intendersi il tratto inferiore della stessa Piazza, verso la Porta Sant’Antonio.
La platha de Cotinas attraversava tutta la città, da Porta Capo di villa (porta Castello) a Porta de Sanctu Flasiu (porta Sant’Antonio); ed ora sappiamo che anche nella prima metà del secolo XVI conservò il battesimo primitivo. Leggo in atti del 1488: Vico majori vocato Platea de Codinis; così nel 1523 e nel 1521, Platea detta de Cotinis. In altro del 1510: Calle de Codinas detta Plassa major.
In alcuni articoli degli Statuti del 1294 si fa menzione di diversi tratti di questa via: in uno dei quali (quello dalla casa di donno Albonito de Massa alla casa del quondam Gualtiero de Volterra) era severamente proibito di costruire forni e di vendervi erbaggi, frutta, ed altri commestibili. E’ chiaro che non si voleva profanare quel punto, destinato al nobile commercio delle tele e dei velluti, con la presenza delle lattughe, delle cipolle e dei cavoli.
Questo tratto di via (che oggi è compreso tra la piazzetta Azuni e l’imbocco della via delle Cappuccine) fu in ogni tempo destinato al solo commercio dei panni, delle chincaglie e delle droghe, compresi i dolciumi ed i liquori.
Il Fara ci dice, che al suo tempo (nel 1580) questa strada, in cui erano le botteghe delle merci estere, veniva pur chiamata della Maggioria; e col nome di Majoria la trovo nel 1557; nel 1660 è designata col nome di Plata Major; nel 1775 di Piazza Grande; nei carteggi ufficiali del 1824 con quello di Gran Contrada; dopo il 1848 fu battezzata per Via Maestra o Via Grande; dopo il 1872 ebbe il titolo di Via Vittorio Emanuele – la qual via prese il nome di Corso da pochi anni a questa parte. Malgrado però tutti questi titoli non le riuscì di perdere il suo battesimo primitivo di Platha, Plata, Plasa, Ptatèa, e Piazza, che troviamo ripetuto in diversi modi e lingue nel periodo di oltre sei secoli, a cominciare dal 1294.
Porticali nella Piazza
Verso la metà del secolo XIII le case che fiancheggiavano il Corso, specialmente dalla piazzetta di S. Caterina all’imbocco di via al Rosello, erano munite di porticales, sotto i quali erano le botteghe di merci (tiendas) ed anche i barbieri. All’imbocco della via dei Corsi vedesi tuttora un arco murato ed una colonna con capitello gotico, che appartenevano certamente ad uno di questi porticales.
Sull’esistenza dei porticali, o portici, abbiamo due documenti; uno del 1554, quando dai Consoli ne fu ordinata la chiusura; l’altro del 1580, quando fu rinnovato lo stesso ordine e si murarono tutti, ad eccezione di quelli del Palazzo Comunale, che si conservarono fino al 1825 – anno in cui vennero demoliti insieme al vecchio fabbricato. Non è accertato il motivo che ne consigliò la demolizione. L’Angius crede che la deliberazione fosse stata presa in odio ai vagabondi ed ai malfattori che si ricoveravano o si mettevano in agguato sotto quei porticali, per colpire il nemico nelle tenebre, od a scopo di furto.
Lastrico della Piazza
È probabile che la plata de codinas abbia cambiato l’antico suo battesimo molti anni dopo che cessò di essere viva roccia. La più recente menzione della plàtea de Codines la trovai in carte del 1539, mentre la prima notizia del suo lastricamento la rinvenni nel 1545, anno in cui il Municipio pagò lire sarde 702 a mastro Antonio Ruiz per empedramiento de la Plata. Una delle più solerti cure dei consiglieri di Sassari fu in ogni tempo quella del lastricamento della via maestra. Riassumerò brevemente le pratiche fatte, avvertendo che per lastrico deve intendersi il collocamento di pietre calcaree, irregolarmente squadrate, le quali si estraevano da una cava di Baddimanna.
1598 – In seduta del 15 Aprile si delibera di lastricare le vie della città, caricando le spese ai proprietari delle case, ad opera finita.
1626 – Si raccomanda di contrarre un debito per il lastrico fatto nella Plassa, i cui fondi furono in gran parte antecipati.
1650 (Febbraio 28). – Acconto di Ls. 100 pagato ai Carradores e manovali per trasportare la pedra de Vall Manna (Baddimanna) per empedrar la Plasa.
1651 – Durante quest’anno si hanno molte note di spese, una delle quali ammonta a Ls. 750, pagate a Mastru Andrea Munos, frances, empedrador, e al carrador Pedro Mariotto, per empedrar la Platta y carrers.
1701 (Dicembre 14). – Essendo les calles Majores della città molto distrutte, perché da tanti anni senza accomodare, il Consiglio delibera di farle empedrar, chiamando maestri de toda sodisfacion, e dando ordine ai carratores che trasportino pietra buona.
1754 (Marzo). – Si pagano dieci scudi a mastre Angel Sanguinetto per l’accomodamento dell’impedrado da S. Caterina a Porta S. Antonio.
1775 (Luglio 5). – Si pagano al muratore Salvatore d’Asara Bucorino Ls. 450, prezzo convenuto per lastricare la Piazza grande – più altre Ls. 27,50 per mantenerla in buon stato per sei anni.
1824 (Giugno 17). – Il Municipio sollecita Giuseppe Gastaldi per dar mano al lastrico della Gran Contrada, a tenore del profilo e progetto approvato dal Consiglio ordinario di Ponti e strade. Il riparto delle quote dei proprietari, fatto fin dal 1823, ascendeva a circa Ls. 11.000.
Dal 1824 al 1826 il Municipio aveva speso oltre Ls. 16.000 per il selciato della Via Maestra ed altre secondarie, versando le somme a Girolamo Boeris, rappresentante l’impresa; ma pare che questa non avesse ben risposto agli obblighi assunti. Nel Maggio del 1832 si ricorre al Re per il deperimento della via maestra, accusando di frode l’impresa, la quale dal 1824 al 1826 aveva vietato di spazzare la stessa via due volte la settimana, perché tutta lastricata con pietre piccole di pessima qualità, avendo essa venduto le grandi. Si scrive al Governatore, che i cittadini non potevano transitare a piedi, e neppure a cavallo, da un punto all’altro della città, senza evidente pericolo.
Nel Giugno del 1834 l’impresa del lastricamento della piazza venne concessa a Cristoforo Bettoschi, al quale si unì l’impresario Fogu; ma non avendo dato principio all’opera nel tempo stabilito, vennero sciolti dal contratto.
Nel 1836 si deliberò di nuovo il lastricato, e l’impresa fu aggiudicata nel 1838 a Francesco Porcellana. Sei anni dopo la via maestra era completamente lastricata con lastre di granito fatte venire dall’isola della Maddalena, e il Municipio proibiva il transito dei carrettoni e dei carri, tirati da più di un cavallo, o di un giogo di buoi.
Poche riparazioni eransi fatte durante un mezzo secolo, ed il lastricato della Piazza era in pessime condizioni. Nel Novembre del 1887 l’appalto della ricostruzione venne assunto dall’impresa Bargone, sul prezzo di base di L. 46.000. Al Bargone sottentrò nel Settembre del 1891 l’appaltatore Giovanni Fiori, il quale completò la pavimentazione nel 1892, con una spesa di circa L. 90.000.
Vie principali
Daremo un cenno delle principali vie della città, con qualche appunto storico:
Via Lamarmora. – Così battezzata nel 1872. Il battesimo antico (conservato fino ad oggi dal popolo) era quello di Carrera longa, oppure lo carrer llonch (via lunga), poiché realmente la più lunga, quasi parallela alla via Maestra. Il tratto inferiore fu anche chiamato Muramè, forse perché vicino alle muraglie che la chiudevano. Il tratto superiore (all’altezza del Mercato) è chiamato Capo di Lioni, né so darne la ragione. Trovo in atto de 1636: en lo canto de carrera longa. Da una deliberazione del 15 Aprile 1589 (risulta che in questo anno la carrera longa venne lastricata a spese dei proprietari delle case. In seguito il lastricato venne rinnovato più volte – nel 1627, 1661, 1701, 1838, e con ingente spesa tra il 1857 e 1860.
Via Turritana. – In carte del secolo XVII è chiamata carrera turritana; oggi il popolo la chiama semplicemente Turritana. Fin dal 1677 la trovo menzionata come una delle tre calles principales della città.
La parte superiore e la inferiore di questa via hanno conservato la denominazione di Currali di sopra e Currali di giosso forse perché anticamente formavano due piazzette. Eseguita l’apertura di Turritano di sopra, nel 1841 si ordinò di abbattere o rialzare le case basse del Currali perché tutte indecenti.
Lo Spano crede che la via prese il nome di Turritana, non perché colà abbiano dimorato i primi popoli venuti da Torres, ma perché (come pure asseriscono Lamarmora ed Angius) per questa via si andava a Portotorres, prima che fosse aperto l’attuale stradone, di fronte alla porta di S. Antonio. Le due versioni non mi persuadono. Credo che la via prendesse siffatto battesimo. perché conduceva direttamente alla Chiesa Turritana, cioè alla cattedrale, trasferita definitivamente a Sassari con Bolla Pontificia del 1441. Giustamente osserva lo Spano, che questa via non era delle più antiche di Sassari.
La via Turritana fu più volte lastricata, e con rilevante somma dal 1844 al 1846.
La Maddalena. – Questa via comincia dal Seminario Tridentino e finisce in Porta d’Utzeri. Le fu dato il nome di Magdalena per un altare, o cappella annessa alla chiesa dell’Annunziata, che faceva parte dell’ospedale di Santa Croce. In atti del 1538 e del 1591 si fa menzione del Vico de la Magdalena; in altri del 1574 leggo: Carruggiu de sa Magdalena. Questa via fu lastricata dall’impresa Boeris verso il 1828.
Via Arborea. – In dialetto dicesi L’Alboria; in atti pubblici del 1515 e 1636 leggesi: carrer de labroria, oppure Insarboria e en la creu de larboria (forse un crocicchio nella stessa via). Mi risulta che nel 1505 eravi un porticale.
Si crede dagli storici che abbia avuto tale denominazione dai soldati di Arborea ivi acquartierati, quando il giudice Mariano dominò Sassari nel 1369. Il Cossu scrive, che il nuovo conquistatore aveva regalato ai suoi aderenti oristanesi diverse case in quella via, e da ciò il battesimo datogli.
Via dei Corsi. – Sbocca nel Corso, quasi di fronte alla chiesa di Sant’Andrea, e si prolunga fino al Pozzo di Villa. Vuolsi abbia preso siffatto battesimo, perché in quella via abitavano i numerosi corsi venuti a Sassari fin dal secolo XIII, e in tempi posteriori. E’ indubitabile che tra corsi e sassaresi non vi fu mai pieno accordo, ma dubito che tutti abitassero una via speciale. Forse vi abitarono parecchie famiglie e bastò questo per farle dare il titolo di Via dei corsi. Tuttavia noto, che nell’elenco della distribuzione degli archibugi, fatta dal Municipio nel 1636, in occasione della notizia sparsa che i francesi avrebbero preso d’assalto la città di Sassari, non vi trovai menzionato nessun abitante della Via dei corsi. Forse non si vollero armare i corsi, temendo che si unissero ai nemici!
La Cona. – È la via che dalla piazzetta del Conte d’Ittiri sbocca nella via Arborea. Il Tola credette che il suo battesimo si dovesse alle donne poco oneste che in antico vi abitavano; ma egli incorse in un grave errore mal leggendo la parola Cotinas. Il vocabolo Cona è di origine spagnuola e significa immagine sacra, e la via prese questo nome da qualche nicchia o quadro sacro apposto in una delle cantonate o nel centro, come usavasi sotto la Spagna, ed anche sotto il Piemonte. Leggo in atto del 1602: en la Cona.
Via del Carmine (ora «Via Mercato»). – È quella che comincia dalla piazzetta del Circolo Sassarese, baltezzata verso il 1830 Via Planargia, e in seguito Via Marchese San Sebastiano, proprietario della casa, oggi appartenente al cav. Maurizio Pintus. Essa si prolunga fino alla Porta Rosello. Fu detta del Carmelo a cominciare dai primi lustri del secolo XVII, non appena costrutta la chiesa omonima e l’annesso convento.
Il tratto di questa via, che dal Mercato si prolunga verso la Frumentaria, nel 1589 era chiamata Muru muru – certamente perché rasentava le muraglie di levante. Il battesimo di Sa carrera di muru muru, parrocchia di S. Caterina, lo trovo pure in un atto del 1623.
Nel Novembre del 1706 il Consiglio Comunale, considerando che la via era impraticabile, e molti vi transitavano per la devozione alla Vergine del Carmelo, deliberò di acciottolarla nel tratto dalla casa di Donna Serafina Navarro fino alla porta della Carneceria (Macello, o Rosello). In seduta del 27 Gennaio 1707 il Municipio deliberò di far dono alla fabbrica del Carmelo di tutta la pietra che colà si scavava per livellare la via. Il lastricamento di questa via fu iniziato nel 1860 sotto il sindacato di Don Simone Manca.
Altre vie caratteristiche
Non è mio compito, né mia intenzione di passare in rassegna le duecento e più vie e viuzze che compongono l’antica e moderna Sassari. Ne segnalerò soltanto alcune.
L’Argenteria. – Dietro l’Istituto tecnico, oggi Via a Rosello. Da tempi antichissimi, e fino al 1837, ebbe il battesimo di Argenteria, perché colà erano tutte le botteghe degli argentari e degli orefici.
L’Insinuazione. – Nome conservato fino ad oggi. Risale al 1755, all’anno in cui venne fabbricato l’edifizio della Nuova Insinuazione, ossia Tappa di Sassari nei locali oggi occupati dall’Archivio Notarile.
Stretta Maramaldo. – Nel rione S. Donato, con sbocco in via lunga. Dicesi che un Maramaldo, personaggio distinto, avesse sposato la figlia di Don Antonio Fois, colui che fu Alternos e magistrato della Real Udienza nel 1794. Il Maramaldo ereditò dal suocero una parte della vicina casa, oggi proprietà dell’avv. Vistoso.
Stretta delle Galere. – Nelle vicinanze di Porta Nuova e della Università, dove esistevano le R. Galere, col corpo di guardia, fino alla prima metà del secolo XIX.
Il Bordello vecchio. – Dietro il monastero delle Clarisse. Forse gli fu dato il nome di vecchio, perché si mantenne nuovo fino a tempo recentissimo!
Via dei raminaggi (o ramai). – Erano colà le botteghe dei fabbricanti di caldaie, casseruole ed altri utensili di rame, e ciò fino a tempi recenti.
Vie dello Spirito Santo, di S. Cristoforo, di S. Carlo, di S. Bartolomeo e di S. Elena. – Nomi conservati fino ad oggi nei rioni di S. Apollinare e S. Donato, per altrettante chiesette ivi esistenti e da molto tempo demolite.
Godi lu mondu. – Vicolo in parrocchia di S. Donato, dove la tradizione vuole non perisse alcun abitante al tempo della peste del 1652. Credenza infondata come dirò altrove.
Stretta della peste. – Vuolsi che gli abitanti di questa via perissero tutti, al tempo della suddetta peste; ma non si hanno documenti che lo affermino.
Ignorasi il significato del battesimo dato alla Stretta del diavolo ed alla Stretta delle risa.
Non faccio menzione delle denominazioni di molte altre vie, il cui significato ci è noto, e quelle di molte altre i cui nomi sono abbastanza chiari.
Le vie antiche
Spigolo diversi battesimi di vie (carrers, o calles) da atti pubblici, registri di conventi, ed altre carte antiche dal 1480 al 1700. In altra rubrica darò quelli riferentisi a persone.
Nella parrocchia di San Nicola (capilla de S. Nicolai) esistevano le seguenti vie: – Carrer del Cimitero o Cimitorio de San Nicolas – carrer del campalinaro – carrer de lo hospital de Santa Creu – de la puerta nueva – de las casas novas del Capitol – del Carruggello – de l’òlamo (olmo) – de la Canonica – de Escala mala – del Seminari – de lu Bangiu (bagno) – Su carruggiu longu – de Sanctu Nigola (1574) – Carrer Beffa la giatta (presso S. Croce) – carrer del Cappillano – Carrer dels minadores (1572).
La parrocchia di S. Caterina aveva le seguenti: – Carrel Lo Corral del Palau Real – del Collegi nou – de l’arboria, e de sa Arboria – de la Cosaredda – de Bona Ventura – de les estudiantes – del Real Castillo – de palatu mannu (Palazzo Reale) – en puerta Castillo – calle de Tola (1720) – calle de carriggieri – Carrer de Sambigucci – de lo Isolargio – portaria del Carmen.
Nella parrocchia di San Sisto: – Vico Macelli – carrer de Sanctu Sixto – Muru muru, in subra a Masellu – Plà del la Carnaceria – Nostra Señora de Loreto de la porta de la Carnaceria – carrer de la Piscateria – de la Argenteria – de Maxiu e femmina – carrer Strambuccu, e lo Estrembuch – Sa istrinta buyosa (1663).
Fra le vie della parrocchia di San Donato si notano le seguenti: – Carrer de cavaddu bezzu – e portigal del cavall vell – carrer de Aranzano – de San Donat – de Sant Cristofol – de carrugio de Forro – Pla dels magazens de la carnaceria – en lo Sprò, oppure calle lo Isprons.
Le seguenti vie le trovo indicate nella parrocchia di S. Apollinare: – Conducto en la Cunza beza, o Conza vella – Cantò de mal penso, oppure su cantone del mal apensu (1564 e 1609) en Torre mozza – torre de la Municiò – en la Turre – en lo carrugelo, o carrugiolo de Sant Elisabet – carrer de Sant Carlo – de puig, o pozzo de villa – de su angiu (1471) – en carrucchio de forro – carrer de lo Istazo, vicino al Conduto gran – lu Bagnu(1609) – de santo Ortolo (Bartolomeo).
Alterazioni e curiosità
I nomi di molte vie, appartenenti a persone, vennero col tempo alterati dal popolo, dando loro significati arbitrari. Ne indicherò parecchi, a titolo di amenità.
Ho già detto come il campu di carra era in origine campu de carros. Col tempo si confuse la misura della carra coi carri che facevano ressa in quella piazza.
La traversa che congiunge la via Arborea alla via Università è indicata nella targhetta col battesimo di Capo d’oro. Rilevo invece che fin da tempi antichi era chiamata de Capudoro, Cabudoro, o Caputoro, cognome di una distinta famiglia sassarese che diede il nome a parecchie vie. Trovo infatti verso il 1636 la carrer de Nicola Capudoro quondam, ed anche quella de Don Antonio Cabudoro.
Abbiamo la Corte di Vaglio a poca distanza dalla chiesa di S. Nicola, e la Corte di Sciuma (tradotta Corte della Schiuma) alla metà di via Turritana. Ad entrambe si attribuiscono significati bizzarri. Per la prima si parla della puntura della tarantola (baglia), per la seconda dei forzati e guardie ciurma che vi stavano. Eppure l’origine del battesimo è semplicissima. Nella seconda via abitavano gli antenati e i discendenti del Reggente Paulo Exuma, che viveva in Sassari nel 1627; nella prima abitavano i padri e gli eredi di Jeromino Vargio, e poi la vedova di Giovanni Maria, la cui casa era en la Corte de Vargiu (1689).
E così dobbiamo dire della Corte de forru e della via Moscatello. Nella prima molti curiosi saranno andati a cercare il forno, dimenticando che colà abitava, molto prima del 1440, la famiglia di Matteo Furru. Nella seconda cercheranno la paternità del moscato, senza sapere che le case di quella via appartenevano alla famiglia del Magnifico Bernardino Muscatello, Consigliere Comunale nel 1603.
Alla via Godi lu mondu la tradizione costante attribuisce la immunità goduta dagli abitanti nella peste del 1652. Eppure in atto notarile del 1529 ho trovato il nome di Donnu Lovigu Godilumondo, e nel 1606 quello di Gosimunde, economo e procuratore dei beni del Capitolo turritano, che certamente abitavano colà.
Il nome di Maxiu et femina devesi forse a Joanne de su Maxiu, abitante nel 1598 in quella via, forse in compagnia di qualche donnetta allegra.
Quante storielle mi hanno narrato sulle strette di Pigozzu e di Pettenadu, dove abitavano la famiglia dei Pigozzu nel 1573, 1627 e 1714, e quella del Dottor Pettenadu nel 1759!
Dubito molto (ma non voglio affermarlo) che la Corte dell’Abbaddu (cambiata nel 1872 in Corte del vinello) non sia una corruzione della Corte de l’Abat, per qualche casetta che colà aveva l’abate di Saccargia, il quale battezzò pure una Corte verso la piazzetta del Civico Teatro.
E mi pare che questi pochi esempi bastino per confermare le alterazioni introdotte.
Vie antiche e nomi propri
E’ indubitabile che anticamente tutte le vie secondarie presero il nome delle persone più note che vi abitavano. Darò i nomi di vie, che ricavo da libri e atti pubblici dei secoli XV, XVI e XVII. Il lettore, se non altro, farà la conoscenza con molti cittadini sassaresi, oggi scomparsi dalle scene del mondo.
Nella parrocchia di San Nicola notai i seguenti: – Carrer Vico de Iagu Ardara (1475) – de Nicolas Capudoro quondam – de Don Antoni Cabudoro – de Don Andrea Passamar – de mastre Manunta – de Salvator Mona – de Francisco Maninquedda – de Matteo de lo Frasso – de Proto de lo Frasso – del quondam Llenart Collo – de Baingio Fadado – de la veuda (vedova) Cosso – de Don Andrea Manca – de Ieronimo Lacano – de Pedru Belardino Sanna – de Proto Montanacho – de Nanni Pinna Tronzas (lo trovo consigliere nel 1448) – de Don Gio. Antonio Martinez Cassagia – de Zapita (Capita) – de Gian Silvestro – di Nicoledu Cano (1475).
Trovo i seguenti nella parrocchia di S. Caterina: – Lo carrer del Magnifico Assessor en lo Criminal – Carrer de Stevà Manca – de lo Obisbe de Ampurias – Lleonart Scoto – de Matteo de Arrio podador – del qm Salvador Bologna – de luan Baladino – de Matteo de Arrio piccapedrer – de Agostino Longu – de Iacomo Scano – del qm Dottor Iaime Delivesi – de Don Ieromino de Sena – Carrer de Manunta (verso il Carmelo nel 1780) – Carrera de Ioanne dessu Maxiu – Curruggiu de Mastru Brazalottu – Carrera de su Conti Ledda (1662).
In parrocchia di San Sisto io noto: – Vico de Quena – Carrer del Secretari Zampello – de Agosti Pilia – de Gavì Paliacchio. In questa parrocchia, non so se per caso, trovai il minor numero di vie battezzate con nomi di persone.
La parrocchia di San Donato aveva, fra le altre, le seguenti vie: – Curia de magistri Petri de Capolongu (1452) – lo Carrer de Francisco Pilingueri – de mestre Pedru Paulo Cozolo – de luan de l’Arca – de Nicolas Muciga – de Baingio Longo qm – de Baingio Barixone – de Canongio Santeddo – de Baingio Resterello – de mastre Angelino – de Iuan Maria Carta – de Andrea de Querque – de Iuan de Betta – de Antò Casada – de Iuan Mancone – de Iuan Garau – de la Zonza – de Nurqui – de Paolo Seque – Porchio (portico) de Capita – Carrer de Judice de Cettà – Vico de preideru Baingio Pinna (1555).
Nella parrocchia di Sant’Appolinare rintracciai i seguenti battesimi di vie: – Carrer de mastre Battista Fundoni – de Filippo Sal viucio – de Antonio Polina – del doctor Carta – de mastre Angel de Aquena – del Regent Gavì de Apieto – de mastre Iuan istagneri – del canonigo Cico, oppure calonge Zicco o Chico – carrer de les cases noves de Don Gavì Manca y Zonza.
Trovai anche le seguenti, ma senza indicazioni delle parrocchie a cui appartenevano: – Carrer de Francisco della Catalana – de Don Iagano Salvatori – donnu Busceddu – de Iagu Muscanu – de Matteo Furro – de Sarandino – de Marco Sale – el Vico del magnifico Francisco Iunquello (1505) – del Nobile Don Diego Manca (nel 1754).
Consideri ora il lettore le altre numerosissime vie, sfuggite alle mie ricerche.
Le nuove generazioni
Il battesimo delle vie non durava però troppo a lungo. Molte cambiavano il titolo, quando moriva il battezzatore; e venivano poi ribattezzate col nuovo inquilino che colà prendeva stanza. Altre conservarono il nome per tre o quattro secoli, ma queste sono rarissime.
Perché il lettore possa fare un confronto, darò il titolo delle vie che col nome di persona figuravano nel censimento del 1872:
Strette, di: Dottor Usai – Marchese S. Sebastiano – Antonio Gavino Altea – Dottor Falchi – Diana – Zirulia – Dr. Mela – Antonio Cadeddu – Paolo Sechi – Alivesi e Giordo – Agnesa – Delrio – Boetto – Deliperi – Cabigiosu – Marchetto – Sassu – Pittalis – Dottor Casu – Esperson – Bertolinis – Pietro Masia – Cano – Ghera – Don Girolamo Berlinguer – Pigozzu – Pettinadu – Dussoni.
Vicoli: Farina – Valentino – Massidda – Garzia (poi Sedilo) – Candiotto – Gio. Angelo Solinas – Marceddu – Chiape – Ciboddo – Mariano.
Corte Colonnello Quesada – Donna Minnia Scano – Portico Biddau – Portico Pais – Portico Pes.
Come il lettore avrà osservato, son quasi tutti nomi di persone nuove, appartenenti alla seconda metà del secolo XVIII, o prima metà del secolo susseguente. Il più fortunato degli antichi (e forse l’unico) fu Paolo Sechi che battezzò una via anteriormente al 1436. Nel 1872 (dopo circa quattro secoli di vita) una parte di essa via prese il nome di Traversa Organari, e nel 1901 di Alessio Fontana; ma l’altra parte conservò fino ad oggi il nome di Paolo Sechi, un ignoto che il popolo e il Municipio non vollero dimenticare.
Per indicare le vie, o un tratto di via, gli antichi avevano bisogno di presentare una filza di nomi delle persone che vi avevano la casa di abitazione o di proprietà. Ne citerò alcuni esempi.
Negli statuti del 1294 leggesi a proposito della ruga de cotinas; «Quel tratto di via che trovasi fra la casa del fu donno Albonito de Massa, che è nel Cantone, e l’altro Cantone della casa del fu Gualtiero de Volterra». E in altro punto: «… Tra la casa di Guglielmino de Vare, e quella di Arrighetto del Mare….».
E così fino al secolo XVIII. Per dare un’idea al lettore delle indicazioni contenute negli atti, riporterò una deliberazione del Consiglio Comunale del 1° Aprile 1712, riguardante il lastricamento di alcune vie verso Santa Chiara. Faremo così la conoscenza di molti cittadini che abitavano in questo rione:
«Essendo mal enpedrada la carrera di S. Clara, ed anzi tutta distrutta, deliberiamo che si faccia di nuovo, lastricandola dall’angolo della casa del Conte di Bonorva, dove sta Giovannico Capponi, andando diritto fino alla casa del Giurato Capo Don Carlo Quesada – e insieme di là andando diritto alla Canonica, e dando volta in essa fino alla casa dove sta mastro Quirico Aquenza Maggiore; e di là dando volta per la strada, fino alla carrozzeria del nobile quondam Don Simone Farina. E si diano i lavori in appalto. E si lastrichi anche la strada e lo stradone della casa del Padre Vincenzo Licheri fino all’angolo della casa terrena, dove sta mastro Cipriano; e la via dove sta mastro Sebastiano Bianculucho, fino alla chiesa di San Carlo, in cui il lastricato da farsi si congiungerà al lastricato nuovo…».
E con questa deliberazione si dava una guida precisa all’appaltatore dei lavori, pregando vita a mastro Quirico ed a mastro Cipriano, le cui case rappresentavano punti trigonometrici!
Anche nel 1774 io leggo: «Si paghino Ls. 10, 8, 6 per il lastricamento della strada, dove abitava il Reverendo Martino Fois».
Dal 1848 in qua
Il primo studio per l’ingrandimento della città, fuori di porta, fu fatto nel 1829, poco dopo la venuta del principe Carlo Alberto. Nel 1837 si accolse il progetto dell’ingegnere Marchesi, e venne stabilito che le nuove case della via principale, e quelle lungo alcune vie secondarie, fossero costrutte a portici (come in Torino). E in siffatto modo vennero costrutte, infatti, le prime due case di Bargone e di Crispo. Dopo però le proteste dei nuovi costruttori, per le difficoltà e le spese dei fabbricati, il Consiglio Comunale deliberò in seduta del 20 Settembre 1844 che il tracciamento a portici si mantenesse per la sola via maestra (oggi via Roma). Per una ventina d’anni continuò la riluttanza dei proprietari ad assoggettarsi al piano regolatore, finché con altra deliberazione del 14 Novembre 1865, i portici furono definitivamente aboliti. E le due case di Crispo e di Bargone rimasero in piedi, come memoria di quei portici tanto desiderati prima, e poi tanto combattuti!
Fabbricate le case secondo il piano regolatore Marchesi, non tardarono a formarsi le nuove vie, ampie, ariose e simmetriche, e si pensò subito a battezzarle, non più coi nomi delle persone che vi abitavano, ma col nome di benemeriti, o con titoli che ricordassero i principali fasti della unità italiana.
Fin dal 1848 erano state battezzate alcune piazze della vecchia città con nomi che ricordavano la Costituzione, l’Indipendenza, lo Statuto. In seguito lo stradone nazionale diventò via Roma; la gran piazza dell’Appendice si chiamò d’Italia; le altre due vie parallele si intitolarono a Cavour e dell’Ospedale; le traversali ebbero il nome di Carlo Alberto e di Manno (il sommo storico algherese).
Col censimento del 1872 si cominciò a cambiare un buon numero di nomi antichi nelle vecchie strade. Si dedicò il Corso al re Vittorio Emanuele II; la Carra ai fratelli Efisio e Pasquale Tola; la piazzetta Santa Caterina a Domenico Alberto Azuni; la via lunga a Lamarmora; la stretta di S. Sisto al Padre Campo, morto in odore di santità; il portico Biddau al valoroso milite medico Farina; la Munizione vecchia al poeta latino Carboni; il Quartiere vecchio al poeta dialettale Araolla; la via Maschio e femmina al capitano Casalabria; la via Collegio a Canopolo; la via Scala mala al poeta dialettale Branca; la via Frigaglia al dotto teologo Dettori; la Maddalena a Gio. Maria Angioi; il Seminario vecchio a Vincenzo Sulis; la stretta del diavolo al giureconsulto Frasso; la Corte di Cogno allo storico Fara; la via buiosa, al gesuita Cetti.
Si pubblicò a stampa l’Elenco, ma non si apposero tutte le targhette; motivo per cui la maggior parte delle vie mantennero lo stesso nome antico.
Col censimento del 1901 si fecero trasposizioni e si aggiunsero nuovi battesimi. La via delle Carceri diventò via Mazzini; la via Caserma via Cagliari. Altre quattro traverse delle Appendici si dedicarono ai capiluoghi della Provincia: Alghero, Ozieri, Nuoro e Tempio. A Margherita di Savoia si diede la Piazza d’armi; a Umberto I il Corso già dedicatogli quando era Principe; a Giorgio Asproni la via che conduce a Piazza d’Armi; a Josto il vicolo di S. Sebastiano, ben lontano dal babbo Amsicora, che han cacciato in S. Sisto, nella vecchia Sassari. Non fu dimenticato l’archeologo Spano né il professore Molescott: fu cacciato il primo alla Posta, ed il secondo in Questura (ai due fianchi del Palazzo Provinciale). E così hanno battezzato qualche altra strada, che ometto per non tediare più oltre il lettore. La stessa commissione ha rinnovato molte denominazioni assegnando ai cittadini benemeriti nuove vie… e non certo le migliori, perché queste erano denominate. Per esempio: – il poeta Branca prese il posto dello storico Fara nella Corte di Cogno; Fara fu cacciato nel vicolo Zirulia; Margherita Castelvì mandò via il poeta Branca dalla Scala Mala; Angioi uscì dalla Maddalena per prendere un po’ d’aria fuori Porta Nuova; Azuni offrì gentilmente il suo Vícolo ad Efisio Marini; Don Angelo Marongiu fu confinato nel Vicolo del Pozzo e la famiglia di sua moglie Rosa Gambella venne esiliata nel Vicolo Sisini, per ricordare all’uno e all’altra che i ricchi in vita possono diventar poveri dopo morte!
Tralascio gli altri nuovi, fra i quali lo scultore Andrea Galassi nella traversa dell’Insinuazione; il cronista Sisco, il pittore Pinna, il poeta Sambigucci e molti altri benemeriti sassaresi, i quali sono andati ad illustrare molte vie delle antiche concie nei vecchi rioni di S. Apollinare e di S. Donato!
Mi resterebbe a parlare degli atterramenti eseguiti. Non appena concessa la grazia di fabbricare fuori di porta, i Consiglieri di ogni tempo pensarono ad aprire breccie nella cinta delle muraglie, e a sventrare i vecchi fabbricati nell’interno della città. E quest’opera segui con lentezza, ma costantemente, a seconda lo permettevano le condizioni del Bilancio Comunale.
Nel 1856 si progettò l’apertura della muraglia di Torre Tonda, effettuata nel 1878. Sparvero le cinque porte della città; dal 1887 fino al presente anno si sventrarono diversi corpi di caseggiati, fra i quali sono notevoli il vecchio monastero delle Isabelline e l’Infermeria militare.
Dio voglia che si sventri tutta quella parte della vecchia Sassari che ci ricorda il villaggio, e dove i nostri popolani stanno troppo a disagio, perché privi d’aria, di luce e di ogni comodità indispensabile alla vita!