Luigi Maria d’Albertis (Voltri, 21 novembre 1841 – Sassari, 2 settembre 1901) è stato un esploratore, naturalista, botanico e filantropo italiano.
Nato a Voltri, nella via ora intitolata a lui, da una famiglia benestante (il padre possedeva e dirigeva con i cugini un’industria laniera) ebbe tuttavia un’infanzia infelice. Rimasto orfano di padre quando ancora era in tenera età, fu affidato ad uno zio dalla madre che, risposatasi, si era dovuta trasferire a Napoli.
Cugino di un altro celebre esploratore genovese – Enrico Alberto d’Albertis – Luigi frequentò il collegio delle Missioni a Savona e si appassionò agli insegnamenti del missionario lazzarista e naturalista Armand David, famoso più tardi per aver fatto conoscere in Europa centinaia di animali provenienti dalla Cina.
A diciannove anni si aggregò alla spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi nella marcia verso Palermo, e in seguito viaggiò in lungo e in largo per l’Europa. Si unì poi con entusiasmo al gruppo dei naturalisti genovesi capeggiati dal marchese Giacomo Doria, capo di un cenacolo di naturalisti genovesi, e imparò i rudimenti delle scienze naturali e della tassidermia, cioè dell’arte di impagliare gli animali necessaria per poter effettuare spedizioni naturalistiche. Partì quindi per la Nuova Guinea con il celebre botanico Odoardo Beccari.
La spedizione in Nuova Guinea
La Nuova Guinea nell’Ottocento era ancora quasi completamente inesplorata perché non presentava particolari interessi economici, essendo presumibilmente priva di risorse naturali, come oro e pietre preziose. Aveva poi un clima malsano e in più era abitata da tribù guerriere.
L’interesse quindi era esclusivamente naturalistico, perché si pensava che fosse abitata da grandi animali. Infatti sulla costa erano state trovate tracce di escrementi tali da presupporre l’esistenza di animali di grosse dimensioni, come ad esempio il rinoceronte.
Le sue conoscenze di storia naturale, che inizialmente erano da autodidatta, si approfondirono in seguito, tanto da consentirgli di diventare un esperto zoologo, botanico e antropologo.
Delle 505 specie di uccelli da lui esaminate, ben cinquanta erano prima d’allora sconosciute, per non parlare degli insetti, dei serpenti e della piante.
La spedizione sul fiume Fly
Nel 1876 d’Albertis ripartì con un’altra spedizione lungo il fiume Fly, su una piccola lancia chiamata Neva. Era accompagnato da un giovane australiano, Lawrence Hargrave, con funzioni di macchinista. Hargrave era famoso per aver costruito dei modellini di prototipi di aereo, tanto che gli stessi fratelli Wright si basarono sui suoi calcoli per la costruzione dei primi aerei effettivamente volanti.
Hargrave si rivelò fondamentale per il successo della spedizione: certamente era abilissimo ad aggiustare con mezzi di fortuna le frequenti rotture delle macchine o dello scafo. Però, essendo D’Albertis e l’australiano due uomini dalla personalità prorompente, la coabitazione su una piccola barca li portò a gravi litigi e a incomprensioni che sfociarono in una vera guerra di reciproche calunnie.
Risalendo il fiume Fly, D’Albertis giunse fino alle sorgenti e cartografò i Monti Vittorio Emanuele, da lui così chiamati in onore a Vittorio Emanuele II.
L’ultima spedizione
L’esploratore compì l’ultima spedizione lungo il fiume Fly nel 1877, unico uomo bianco con un equipaggio di nativi ed ex galeotti cinesi. Riuscì a portare a termine con successo la sua impresa, ma quest’ultima spedizione gli costò sacrificio e fatica tanto che ritornò irrimediabilmente minato nel fisico.
Nel 1880 pubblicò, prima in lingua inglese e poi in italiano ed in francese, il diario dei suoi viaggi, con il titolo Alla Nuova Guinea, quello che ho veduto e quello che ho fatto. Al ritorno in Italia si rifugiò in Sardegna, a Sassari, dove visse gli ultimi dieci anni della sua vita in una casa situata nella parte alta di via Roma, in compagnia della domestica, di alcuni cani e di una volpe. Morì nel 1901, a 59 anni d’età, lasciando al cugino Enrico Alberto d’Albertis la sua collezione privata di oggetti raccolti in Nuova Guinea.
Il capitano Enrico Alberto d’Albertis, più giovane di suo cugino Luigi di cinque anni, è stato anche lui un navigatore e uno scrittore.
Il suo spirito avventuroso lo portò a legare la sua vita al mare e ai viaggi transoceanici verso rotte esotiche e, al tempo in cui visse, assai poco conosciute.
Le sue visite al cugino Luigi, nella casa di Sassari, sono state frequenti; insieme andavano a caccia nei territori della Sardegna ed Enrico, appassionato di fotografia, ha lasciato in eredità a Luigi gli scatti a corredo di questo articolo, che ritraggono immagini di vita a Sassari nei primi anni del Novecento.
Luigi Maria D’Albertis è sepolto nel cimitero monumentale di Staglieno, a Genova, nel tempio crematorio che porta il suo nome. La città di Torino gli ha intitolato un lungo viale interno al Parco Ruffini.