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Orti, tabacco e fiori

Orti di Sassari

La città di Sassari ha dovizia d’orti, i cui prodotti, di incomparabile bontà, sono ricercati da quasi tutta la provincia e anche fuori di essa. L’abbondanza delle acque d’irrigazione, i terreni fertilissimi e l’abilità particolare degli ortolani sassaresi, ne favorirono in ogni tempo lo sviluppo. Gli orti di Sassari sono coltivati con inappuntabile cura, e da tempo antico. Fin dal 1776 il P. Gemelli scriveva che essi erano lavorati eccellentemente. L’Angius nel 1848, disse che «gli ortolani di Sassari sono intelligenti, assidui e di grande attività, e basta per convincersene osservare gli accuratissimi loro lavori e il lusso meraviglioso della vegetazione». Questo giudizio può bene essere ripetuto ancora, perché oggi i nostri orti, dopo mezzo secolo, sono tenuti con la stessa cura del passato.

Gli orti del territorio di Sassari si dividono in due categorie: quelli di secco e quelli irrigabili. Questi ultimi si trovano nelle vallate. In quella di Valverde (Rosello) occupano una lunghezza di quasi cinque miglia e lungo il rio di Ottava un tratto quasi uguale; sono pur ricche le regioni di Tingari, delle Concie, del Latte dolce ed altre. In essi orti si coltivano moltissime varietà di legumi e verdure di ogni genere, patate, rape, carote, ravani, molte specie di cavoli e cavoli fiori, lattughe, indivie, bietole, appio, cardi, cipolle, melenzane, zucche, citrioli, finocchi, spinaci, broccoli, fagiuoli, ceci, piselli, fave, pomidoro, oltre poponi e angurie. Squisitissimi e veramente ottimi tra tutti questi prodotti sono i cavoli, i cavoli fiori e i broccoli, oltre i carciofi insuperabilmente profumati e teneri, ed infine i pomidoro, incomparabili.

Gli orti a secco sono in siti non irrigabili, e vengono destinati oltre ad alcune delle suddette specie, alla piantagione del tabacco e delle lattughe, le quali sono gustosissime, dolci, acquose e formano perciò una vera passione dei sassaresi tutti che ne divorano in quantità grandissima, mangiandole anche foglia per foglia, semplicemente, senza bisogno di condirle in insalata.

Spigolo alcune noterelle riguardanti gli orti.

1557.- L’Arciprete d’Alghero riceve dal Municipio Ls. 3 per fitto annuo dell’orto della chiesa di S. Paolo. Quest’orto, che allora era in gran fama, si estendeva nell’area occupata dal Cimitero.

1720 (18 Luglio). – «Si proibisce al massaio Nicola Arras di mettere a macerare il lino sul davanti della fonte della Pischina, sotto pena di 25 scudi, e ciò perché in tal modo si infettano le acque degli orti di quella regione».

1779 (14 Luglio). – Il Municipio proibisce con Pregone, di metter lino a remojo, fuori dei soliti luoghi, a cominciare dalla località detta Barga fino a S. Giovanni de Oriola, avvertendo tutti i proprietari di vigne ed orti di non far fossi per mettervelo, e neppure servirsi per lo stesso scopo di vasche particolari – pena quattro scudi e la perdita del lino.

1780 (15 Ottobre). – La città ricorre all’Intendente Generale, perché da qualche anno, essendosi negli orti ed in altri terreni circonvicini piantata una grande quantità di tabacco, il popolo scarseggia di legumi ed ortaggi a segno tale, che aumentano giornalmente le lagnanze. Si supplica di proibire con Pregone la piantagione del tabacco negli orti vicini.

Due mesi dopo lo stesso Municipio consiglia all’intendente che siano unicamente destinati agli ortaggi, e non al tabacco le seguenti località: «tutti gli orti della Valle dei Cappuccini, tutti gli orti intorno alle muraglie di Porta Castello, Porta Nuova, Porta Utzeri, e Pozzu di Rena; tutti gli orti che sono sotto Porta Nuova, detti dello Spirito Santo e infine quelli che sono dirimpetto alle Porte del carro, dei conventi di S. Paolo e Santa Maria, fino a S. Lorenzo».

1787 (11 Giugno). – Si supplica perché per la piantagione dei tabacchi non si costringano gli ortolani ad offrire i loro orti perché mancherebbero così gli ortaggi alla città. I terreni per il tabacco abbondano in Sassari, né vi ha bisogno di prevalersi degli orti.

1793 (11 Maggio). – Il Municipio ricorre al Viceré, sulla doglianza del pubblico, per la scarsezza degli erbaggi nell’estate, poiché la maggior parte degli orti sono piantati a tabacco, per cui i Consiglieri del 1780 ricorrono all’Intendente Generale per frenare l’ambizione degli ortolani e proprietari degli orti «i quali avidi del maggior lucro del tabacco, lasciano il popolo senza erbaggi». L’Intendente provvide con Decreto 7 Gennaio 1781, che non ebbe effetto che fino al 1789.

1803 (Giugno). – La Giunta dell’Annona, sotto la Presidenza del Governatore Villamarina, con l’intervento del Giudice Valentino, proibisce di piantare allo stesso tempo legumi ed erbaggi, negli orti conceduti per la coltivazione del tabacco.

1816 (24 Settembre). – Si delibera che tutti gli ortolani debbano seminare per lo meno un imbuto di granone, contro penale di non poter fruire del benefizio dell’acqua a tacca.

1844 (9 Marzo). – Gli ortolani per mezzo del Comune ricorrono al Governatore per i danni che cagionano le R. Truppe, manovrando intorno agli stradali e nelle Appendici di Porta Castello; e ciò perché i curiosi che vi assistono passano negli orti.

La tacca

Così chiamavasi, e in sardo tassia, la quantità di acqua concessa per innaffiare i giardini, e specialmente gli orti, in periodi di un dato qual numero di giorni, alternativamente, perché ne fruissero molti ortolani. Un’ordinanza del 1° Agosto 1512 stabilisce il riparto delle acque di S. Leonardo (Latte dolce) in tal modo: «Per innaffiare il giardino di Mancusu, un giorno ed una notte; per il giardino dell’Arciprete, 5 giorni e altrettante notti; per gli eredi Delogu (giardino allora del Nob. Don Jaime Manca) due giorni e due notti; del Dott. Garrucho, così stesso; del Nob. Don Giacomo Nurra quattro giorni e altrettante notti».

Altro regolamento (Ordinaciones des abbas) si ha il 7 Maggio 1612, sotto il Consolato di Don Stefano Manca de Cedrelles, in cui si dice che essendo da alcuni anni cresciuto il numero degli orti di Sassari, e lagnandosi gli ortolani di non poter aver tassia in estate per innaffiare le loro terre, non bastando il periodo di otto giorni stabilito in antico, si delibera di regolare le acque. D’allora in avanti la tassia sarebbe di 10 in 10 giorni, salvo per gli otto giorni precedenti le feste del Corpus Domini e del Mezzo agosto, nei quali nessun ortolano poteva prendere acqua, essendo necessario lasciarla tutta ai molini.

Il 7 Luglio 1676 i Consiglieri ordinano, che la pena contro gli ortolani contravventori en tomar los aguas para regar las huertas, sia di Ls. 15 per cada vis (caduna volta).

1682 (20 Luglio). – Gli ortolani devono irrigare gli orti con la taca che suolsi usare negli orti de todo el valle de Rosello.

1699 (13 Luglio). – La Comunità di S. Paolo supplicò il Viceré di concederle per un giorno ed una notte l’acqua per irrigare il suo orto. Chiamati dal Municipio gli ortolani interessati, questi dicono che secondo la reparticion antigua, spetta d’irrigare l’orto nel periodo da 8 a 10 giorni.

Il 1° Agosto 1700 si emana un’altra ordinanza, la quale permette che l’acqua si abbia ogni 15 giorni per innaffiare gli orti della Valle di Rosello, sopra i Cappuccini, fino a S. Barbara, pena 4 soldi.

Altra simile, con deliberazione del 16 Settembre 1770, per l’innaffiamento dei giardini ed orti.

In tempi posteriori seguì questa consuetudine reclamata dagli ortolani. Il 14 Marzo 1859 si fa nel Consiglio Comunale la proposta di una tassa sull’uso delle acque, e si stabilisce la tariffa, a condizione che si sospenda la irrigazione ogni qual volta un pubblico bisogno di farine richieda tutta l’acqua per i molini. E questa ordinanza fu modificata il 22 Aprile 1869.

Oggi si continua la concessione da parte del Municipio, con puntigli fra ortolani e proprietari di molini, quantunque di molto diminuiti, perché la forza del vapore ha sostituito in moltissimi molini quella dell’acqua.

Il tabacco

L’Angius afferma che fu introdotto da noi verso la metà del secolo XVI; ma non se ne trova menzione in nessuna carta. È  notorio che il tabacco (scoperto in America nel 1496) fu introdotto in Italia nel 1570, ed è naturale che la Sardegna lo abbia ricevuto dalla Spagna, almeno una diecina d’anni prima. A Sassari, meglio che in qualunque altro punto dell’Isola, esso attecchì con soddisfacente risultato.

Il Fara non fa cenno, nel 1580, del tabacco; neppure ne parla il Vico nel 1639, ed il suo silenzio assoluto è più significante ancora, dimostrando quasi evidentemente, che i tentativi di coltivazione erano appena all’inizio.

Altro accenno a questa nuova coltura si trova nell’Indice de cosas notables dell’anno 1673 e precisamente nel breve riassunto a riguardo del tabacco, in cui si dice, che se la città poteva imporre su di esso sida o gabella (cioè una tassa sulla vendita), non poteva però estancarle – cioè proibire a nessuno di venderlo. E ciò dimostra che il commercio del tabacco era libero.

In carte dell’Archivio si parla del diritto da imporre sul tabacco e sull’acquavite, fin dall’Aprile 1670; nel Dicembre si delibera di far un elenco di denunzie e risultò che in città esistevano 45 quintali e 28 libbre di tabacco, per i quali s’impose la tassa di 5 soldi per libbra, a benefizio del porto.

Trovo un bando del Comune in data 10 Maggio 1677, col quale il Municipio, a istanza dell’appaltatore, invita tutti quelli che hanno tabacco in polvere, foglia o in corda (cuerda) a denunziarlo entro quattro giorni, sotto pena di 10 scudi di multa e la perdita del tabacco. Si vieta inoltre a quelli che ne fanno negozio di venderlo, per qualsiasi causa, in città o fuori Sassari senza il consenso dell’arrendador, pena 50 scudi e perdita del tabacco. Seguono una trentina di denunziatori, fra i quali Gio. Francesco Airaldo, Giuseppe de Gusman, Gio. Batta Bosio, Caterina Ferrali, Nicola Marranquino; e tutti costoro rispettivamente ne hanno quantità di 5.000, 4.000, 1.000 libbre, tanto en polvo sencillo, quanto en cuerda, in casa o negli orti.

Leggesi pure, molido y sin molar (macinato, o senza macinare).

L’Angius è d’avviso che il tabacco fosse stato introdotto in Sassari per cura del Municipio, e che esso ne avesse agevolato le piantagioni con l’anticipare le spese agli ortolani, cui veniva affidata la coltivazione, e col prendere l’iniziativa di far conoscere l’arte di manipolarlo; motivo per cui, su siffatta iniziativa e protezione, fondava il suo diritto d’imporre un dazio sulla vendita – dazio col quale arricchì la propria azienda, come più tardi arricchì il Regio Tesoro.

Attenendoci però alla deliberazione accennata nell’Indice e più sopra riferita, almeno fino all’anno 1673 non si può ammettere che vi fosse a Sassari privativa di coltivazione, essendo lecito a chiunque il coltivare tabacco, e il manifatturarlo. Di tale parere è lo stesso Angius; io ritengo invece che la libertà del tabacco durasse per altri 16 anni ancora, per quanto trovo detto nel Parlamento tenuto dal Viceré Duca di Monteleone, a Cagliari nel 1689. In esso il Sindaco di Sassari, fra le altre cose domanda: che alla sua città venga concesso di poter tassare l’acquavite, il tabacco e la carta; poiché con tali diritti potrebbe la medesima sollevarsi dalle critiche contingenze in cui trovasi (pare che la carta fosse allora un articolo di gran lusso).

L’abbondanza del tabacco dovette essere già grande nel 1704, dato che in una seduta del Consiglio Comunale del 5 Dicembre (dieci anni prima della Regalia), si delibera di proibire con un Pregone di piantare tabacco nella valle di Logulentu, e ciò «per la penuria e falla d’agua dei molini esistenti in quella regione, derivata dal troppo tabacco che vi si pianta, da Barca ad Oriola, con danno pubblico per la mancanza del pane, e per il pregiudizio della salute, poiché dopo tolto il tabacco si piantano ortaggi che ne subiscono danno, ed è perciò che si è già proibita la piantagione del tabacco nella valle di Rosello».

Non trovo altro cenno sul tabacco fino a dieci anni dopo e cioè fino al 1714, anno in cui col dominio tedesco esso acquistò una grandissima importanza, non certo a benefizio del paese.

Sunto storico

Passata la Sardegna sotto il dominio tedesco nell’Agosto del 1708, non tardò il nuovo Governo a gettar l’occhio e le unghie sul tabacco di Sassari, fonte di lucro per le Regie Finanze.

I signori tedeschi, fumatori per eccellenza, capirono subito che bisognava sfruttare il tabacco sassarese.

Si pensò dunque di abolire l’antica libertà che godeva il prodotto, riservandone al fisco l’acquisto, la manifattura ed il traffico.

I sassaresi, forti del loro diritto, opposero resistenza e tentarono di far valere le loro ragioni; ma il 20 Agosto 1714, poco prima della mezzanotte, il Viceré Conte de Hatalaya, proveniente da Cagliari, piombò su Sassari come un demonio per estangar el tabacco (così scrive il cronista Usai). I Consiglieri non vollero cedere a minaccie né a preghiere, sebbene chiamati ad uno ad uno dal Viceré. Per questa loro resistenza dieci giorni dopo la città fu circondata da molti soldati venuti da Alghero coi cannoni; in seguito da altri ancora venuti da Castelsardo e da Ozieri; tuttavia i Consiglieri furono irremovibili e si finì col venire ad una conciliazione, poiché il 1° Settembre i Consiglieri, a cui erano state concesse solo sei ore di tempo, dichiararono di cedere alla sola forza. E fu imposto lo estango, con una proroga di tre mesi ai venditori di tabacco perché potessero smerciare il prodotto di cui erano provvisti.

Il privilegio di cui a buon diritto facevasi forte la città, era quello del 1444, dato in Napoli dal re Don Alfonso di Aragona, il quale esimeva i sassaresi dal pagar gabella sopra los fructos que produze su territorio; e prodotto della terra era pure il tabacco, dicevano i Consiglieri, sebbene in quell’anno esso fosse sconosciuto.

Il Viceré austriaco ripartì per Cagliari il 3 Settembre del 1714 e fece ritorno a Sassari il 1° Marzo dell’anno successivo (1715). Fu stipulato un lunghissimo atto nel quale si esposero tutte le condizioni proposte dal Municipio al Governo austriaco, per lasciarsi imporre el estanco del tabacco. Lo riassumo:

1° «Che tutto il tabacco che esiste presentemente in Sassari, in polvere, in foglia e in corda (de cuerda) debba pagarsi dall’appaltatore (estancador) in contanti, al prezzo stabilito da perizia giurata, tenendo conto del tempo di stagionatura.

Non potendo acquistarlo per mancanza di denaro, stante la ragguardevole quantità, o per la difficoltà di smerciarlo subito, sia data facoltà ai proprietari di venderlo in città o nei villaggi, mediante i dovuti contratti per escludere la frode.

2° «Che tra i coltivatori, che verranno impiegati nella piantagione e coltivazione del tabacco, abbiano la precedenza i sassaresi traendone lucro; e vada pure a benefizio loro la produzione di maggior quantità di foglie nel prodotto sperato.

Se l’appaltatore volesse intraprendere una migliore manipolazione del tabacco, questo potrebbe trovare un buon esito nelle altre regioni d’Italia, mentre i sassaresi non possono ciò fare per essere poveri. Perché non nascano contestazioni e liti l’appaltatore sarà obbligato di acquistare le tre qualità di tabacco ad un unico prezzo, cioè a 6 scudi (seis) il quintale di cento libbre, ed ogni libbra di 12 oncie; e le foglie verdi, senza seccare, a 4 scudi il cantaro.

3° «Che l’appaltatore, nella città e territorio di Sassari, abbia a ridurre a due qualità la polvere di tabacco, e vendere la prima a un quarto di scudo la libbra, e la seconda a sei (seis).

4° «Per la notevole perdita che la città deve subire, maggiore di quella di Cagliari, per essere stata aumentata la dogana del tabacco in polvere, de cuerda, del Brasil e de La vana (sic), il Governo assegnerà alla città in compenso mille scudi l’anno, col patto espresso che s’intendono dati per aumento alla Frumentaria».

I mille scudi pare fossero stati poi ridotti a 800; e fin dal primo anno (1716) il Municipio li chiese ed ottenne in anticipazione, a condizione che il Re fosse esonerato dal pagare i tre quinti di spesa a lui assegnati per la nettezza del porto di Torres.

In una Relazione del Municipio al Governo (del 14 Novembre 1791) è detto che la Città aveva ceduto nel 1714, a benefizio della R. Azienda, il diritto che percepiva di un reale e mezzo ogni libbra di tabacco che s’introduceva in ditte – a condizione che dall’utile della vendita si pagassero ogni anno alla città 2.000 lire sarde.

Spigolature

1780 (Dicembre). – Dietro i lamenti per le piantagioni di tabacco che pregiudicavano gli orti coltivati pure ad ortaggi, il Municipio proponeva di far piantare il tabacco a secco negli orti di Gabaro e Costa Palone poiché, solendosi innaffiare queste coltivazioni colle acque dei molini di Rosello e dell’Eba ciara, scarseggiavano poi nell’estate le acque negli orti di Rosello E il Viceré ordinava che i soli terreni nei quali si permetteva la piantagione del tabacco fossero quelli della Valle della noce; quelli fuori delle mura di Porta CastelloPorta Nuova e Porta Utzeri, di Spina Santa e di Calamass; gli orti di Marco Bortolu e della vedova Santoni; gli orti di Gabaru, di Pian di TalonePeschinaS. OrsolaS. Giorgio e Mela ruja. Basta questa enumerazione a dare un’idea della grande quantità di tabacco che producevasi a Sassari.

Il Decreto suaccennato però non ebbe corso, perché fu abrogato da altro posteriore.

1783 (Giugno). – Si ordina che un picchetto di soldati vada a sradicare tutti i tabacchi piantati dall’ortolano Tomaso Meloni, contro il divieto dei superiori.

1790 (Aprile). – L’avv. Gioachino Mundula (il famoso angioino) chiedeva al Municipio in affitto per 12 anni il campo di S. Maria, per il fitto annuo di 200 scudi ed a condizione di permettergli la piantagione dei tabacchi in tutto il terreno «mentre dai soli tabacchi può ritrarsi un utile competente a supplire alle necessarie spese di fitto e di coltura».

1804 (12 Giugno). – Si ricevono dalla Germania semenze di tabacco per tentare ed incoraggiare la coltura di siffatta specie, a maggior profitto della R. Azienda.

1835 – Il Governo ordina di restringere e limitare a pochi terreni di Sassari la piantagione del tabacco per il detto anno, coll’ordine espresso inoltre di piantarlo nei siti prescritti dall’Ufficio Generale.

Il Municipio ricorre al Ministro in vista dei danni e pregiudizi che ridonderebbero al paese, avendo i cittadini già fatte le spese per la coltura e seminagione.  (Si noti che in quest’anno fu definitivamente trasportata la Manifattura a Cagliari). Dopo questo ricorso si usò un po’ di tolleranza nelle piantagioni e ciò fino al 1845.

1847 (31 Dicembre) – Si supplica il Ministro perché venga continuata la tolleranza, sospendendo le prescrizioni contenute nel regolamento dell’In-tendente Botton, e s’implora egualmente anche l’anno appresso, ma senza nulla ottenere.

Secondo I’Angius in tempi anteriori a quello in cui egli scriveva (1848) si portavano all’appalto Regio da tre a 4.000 cantari di foglie, e dopo le vessazioni fiscali   la quantità fu molto diminuita. Nel 1846 entrarono appena nei magazzini della fabbrica 400 cantari, e nel 1847 molto meno. Dopo che il Botton rimise in vigore gli antichi regolamenti, ben pochi continuarono la coltura: i più si astennero per timore di subire una perdita.

1852 (16 Marzo). – L’Intendente ordina che si diffidino, a nome della Direzione delle Gabelle, i concessionari, circa le denunzie delle terre per la piantagione dei tabacchi nel predetto anno. Tale misura era forse presa in dipendenza dello stato di assedio nel quale si trovava la città.

Tuttavia a Sassari si continua sempre in larga scala la piantagione del tabacco, sebbene gli utili per gli ortolani non siano più quelli di una volta.

Nel quinquennio 1870-1874 la media dei terreni coltivati a tabacco, nei dintorni di Sassari, Sorso, Sennori ed Alghero, non superava i 249 ettari, con una produzione di 103.085 chilogrammi di foglie.

Giudizi

Il P. Gemelli, nel 1776, scriveva che il tabacco di Sassari era considerato allora come uno dei migliori d’Europa, e il Cossu, nel 1779, aggiunse che nei terreni di Sassari si raccoglieva una gran quantità di foglie e che il tabacco che da queste si ricavava era così prelibato che formava uno dei grossi capi di commercio per la R. Finanza.

Il P. Napoli, nel 1814, scriveva che il tabacco, insieme all’olio e al vino, formavano la ricchezza di Sassari. E intanto rimproverava all’Azuni di avere esagerato sulla bontà del tabacco, quando aveva asserito che lasciato invecchiare per dieci o quindici anni somigliava a quello di Siviglia e di Avana.

L’Angius, nel 1848, conferma però il giudizio dell’Azuni, ripetendo che le foglie secche scelte non avevano nulla da invidiare ai tabacchi di Spagna e della Turchia, e superavano di gran lunga quelli di Napoli e di altre contrade d’Italia.

Contrabbandi

Da quando l’Austria s’impadronì dela privativa del tabacco, ma forse anche prima, vennero fuori i contrabbandieri e fin da allora gli ortolani fanno sempre qualche clandestina sottrazione, per compensare i bassi prezzi che fa il Governo; il quale oggidì  manda i suoi impiegati a contare le foglie ad una ad una negli orti, mentre davanti a loro i coltivatori (e non essi soltanto!)  fumano nella pipa qualche piccola parte del contrabbando.

Ecco alcuni appunti sulla vigilanza esercitata dal Fisco:

1733 (14 Novembre). – Il Comandante di Alghero propone al Viceré un progetto per distruggere tre molini di tabacco che funzionano nella Nurra. «I molini trovansi nei siti la Costa e Canaglia, e appartengono ai fratelli Mula e a Quirico Cosso e figli, i quali hanno relazione e corrispondenza con alcuni sassaresi che vanno e vengono dalla Nurra…

1767. – Grande quantità di tabacco in polvere, macchine, attrezzi ecc. vengono scoperti e sequestrati nel Monastero delle Clarisse.

1769 (Maggio). – Misure di rigore sono prese dal Governatore contro certi Bonifacini e Capreresi, dediti specialmente a contrabbandi col concorso degli abitanti di Aggius, in cui si mantiene il distaccamento di soldati.

1804 (16 Giugno). – Si propone la impunità per chi denunzia i correi nei furti e contrabbandi di tabacco che arrivano ad un punto eccessivo.

1805 (Luglio). – Il contrabbando a Sorso è talmente scandaloso che si manda colà un distaccamento di cavalleria, ed altro nella Nurra.

Credo inutile contare nelle registrazioni dei contrabbandi, che ai facevano dappertutto anche dai frati di S. Sebastiano e del Carmine vecchio, dai Mercedari, dai Serviti e dai Claustrali, che avevano i Conventi extra muros.

Del resto fino al momento in cui scrivo, come ognuno sa, si fuma tabacco di contrabbando dappertutto a Sassari, nelle case dei contadini come in quelle di molti signori, e per di più anche alla presenza dei Doganieri, che certe volte fingono di non vedere, o meglio di non sentire…

Manifattura del tabacco

Non so dire dove fosse in origine la fabbrica del tabacco in Sassari; probabilmente nel Castello. In seguito, verso il 1782, si trovava in locale dell’Università.

Ed ecco alcune notizie sulla fabbricazione.

1770 (Maggio). – E’ tratto in arresto tale Gautier, cassiere e magazziniere dell’Azienda di Sassari, ed è tradotto alle carceri di Cagliari. Essendo un forestiero e di recente arrivato a Sassari, si sospettò che gli avesse dato mano nel furto un certo Secchi, sassarese, impiegato allo stanco.

Nell’anno seguente è direttore dell’Azienda Giovanni Batta Gandolfo, già segretario alla direzione delle Gabelle di Nizza (R. D.).

1773 (Luglio). – S. M. raccomanda d’impiegare i due fratelli Gio. Battista e Giuseppe Ugo, ch’egli manda in Sardegna: «Sono figli della nutrice del Real Principe di Piemonte, e vuolsi siano occupati separatamente nelle due fabbriche di tabacco».

(Dunque nell’Isola le fabbriche erano due).

1780. – Verso quest’anno lo stango era nel Castello, vicino al quartiere dei soldati: come rilevo da una nota in registri dello spedale, a proposito di un terreno là adiacente, ridotto ad orto botanico nel 1770, per concessione del Re e a spese dello spedale.

1782 (2 Aprile). – Il Ministro scrive al Viceré, da Torino: «Ella è prevenuta dall’idea che, in vista del cattivo stato in cui trovasi la Regia fabbrica del tabacco a Sassari, si è già da qualche tempo deciso di trasportarla in quel Collegio Massimo detto di S. Giuseppe della soppressa Compagnia di Gesù. Ora, risultando dai riscontri avutisi, ch’essa fabbrica minaccia prossima rovina, avendo S. M., in coerenza del sentimento del Consiglio di Finanza, determinato di far seguire la detta traslazione al più presto, ho l’onore di prevenire l’E. V. acciò si compiaccia dare a tal fine le premurose sue disposizioni».

1814. – Il P. Napoli ha parole di lode sul tabacco detto in spagnuolo sinzitto e comunemente sassarese, il quale si manipolava a Sassari, prima che vi fosse a Cagliari la fabbrica del tabacco.

1815. – Il Governo abolisce la fabbrica di Sassari e tenta annullare la industria clandestina dei contrabbandieri, oggetto di mormorazioni da parte dei cagliaritani.

1829 (17 Febbraio). – Supplica al Re della città di Sassari, dietro i reclami per il pregiudizio che reca la fabbrica traslocata a Cagliari: «Già da un secolo (?) (si scrive) per supplire ai bisogni della agricoltura s’introdusse nel territorio di Sassari la coltivazione dei tabacchi, la quale, benché da principio fosse assai limitata, arrivò gradatamente ad un così felice incremento, che bentosto divenne uno dei principali rami d’industria del paese, somministrando ai coltivatori, non meno che agli speculatori, un nuovo mezzo di guadagno e di sussistenza… Continuarono in siffatta guisa i sassaresi fino al regno di Carlo Emanuele III, che benignamente rivolse il pensiero alla coltivazione dei tabacchi, di cui prevedeva già i vantaggi…». Nell’Aprile del 1829 il Marchese Boyl consiglia il Municipio a richiamare la fabbrica a Sassari… ma invano!…

1834. – Il Valéry scrive: «Nel piano superiore dell’Università trovasi il Magazzino del tabacco in foglia, dacché la celebre fabbrica di Sassari più non esiste, perché trasferita a Cagliari con gran dispiacere degli amatori, i quali vogliono che la qualità del tabacco ne abbia molto scapitato».

1836 (Maggio). – Altra supplica dei Concessionari dei tabacchi per lo svantaggio risentito dal trasloco della fabbrica a Cagliari, in dipendenza del contratto tra le R. Finanze e il Sig. Hersan. Lo Spano in proposito scrive che nel 1835 la fabbrica fu definitivamente trasportata a Cagliari.

1848. – Scrive l’Angius: «Il Magazzino dei tabacchi aveva a Sassari in quest’anno un’amministrazione composta di un sotto ispettore, di un Capo contabile, di un assistente, di un manipolatore e di un magazziniere della materia prima».

Lo stesso autore nota, che, da quando le R. Finanze accettarono il progetto di uno speculatore straniero, il quale trasportava a Cagliari il tabacco, sostituendo la pratica estera alla manifattura ed ai metodi tradizionali dell’arte sassarese, la bontà dei tabacchi venne meno per le materie estranee che vi si mescolarono. Questo fatto incoraggiò i contrabbandieri, e giovò ad essi, poiché ora si lavora male a Cagliari, ed a Sassari. Si fabbricarono diverse qualità di tabacco; il sopraffino, chiamato manojos; il fino, detto senziglio, e due altre qualità più o meno grossolane. E conchiude: «Se questa coltivazione si permettesse a tutti e si favorisse nei luoghi di clima più propizio, lo Stato, che compra dall’Estero più di due milioni di lire all’anno di tabacco, potrebbe a minor prezzo provvedersi dalla provincia di Sassari, e il denaro che va nei mercati stranieri circolerebbe nel paese».

Floricoltura

Anticamente i fiori non si coltivavano con la cura dei tempi moderni, in cui la produzione è aumentata in ragione del consumo che se ne fa. Il Gemelli non parla dei fiori nel 1776; il Manca dell’Arca, quattro anni dopo, nel suo libro Agricoltura di Sardegna dedica loro un capitolo, dando nozioni sul tempo opportuno di piantare le diverse specie e varietà e sulle loro virtù medicinali. «Si chiamano fiori (egli scrive) le piante il cui uso principale non è che la dilettazione».

Dopo ciò egli ci dà il nome di tutti i fiori che allora si conoscevano a Sassari, cioè varie specie di rose (fra le quali quella di cinque petali detta in sardo rosa de Gerusalè, e quella doppia di chentu fozas); le grandi varietà di garofani; il gelsomino, la viola ciocca (in sardo bascu); la viola mammola, il narciso, il giacinto, le tuberose, la giunchiglia, i ranuncoli, i fiori di passione, le rose di Spagna, le margheritine, i girasoli, gli sproni de cavaglieri, e il Don Diego de sa nocte (nomi spagnuoli); il papavero, l’ampietta, il ciamello, la peonia, il belvedere (da poco introdotto in Sardegna)… e parmi che basti!

I fiori a Sassari si coltivano con passione, non soltanto nei giardini, ma negli orti, nelle vigne, sulle terrazze e in appositi vasi anche sui balconi e sui davanzali delle finestre.

Nelle scampagnate, così frequenti nel Maggio e nell’Ottobre, le allegre brigate tornano dalla campagna cariche di grandi mazzi di fiori e come oggi, così, sempre, nel passato.

Da una quindicina d’anni però si coltivano i fiori per farne commercio, e la nuova industria devesi ai benemeriti fratelli Cossu, ai Sechi Giola, all’Idini Cossu e a parecchi altri.

Presi in affitto estesi giardini, questi floricultori coltivano razionalmente un’infinità di specie, ancora da noi sconosciute, talché le nozze e i funerali possono essere infiorati con questi leggiadri miracoli della natura.

Tutte le feste hanno così una nota più gaia, gli addobbi una apparenza più lieta, le spose l’augurale simbolico omaggio di ceste e mazzi olezzanti, ed i morti le meste corone simbolo di affettuoso rimpianto!

E per quanto si vada facendo strada l’usanza pietosa di rinunziare all’omaggio dei fiori per i funerali, per destinarne l’importo a opere di bene, pure i fiori sono e saranno sempre profusi sulle tombe dei nostri morti come il più bel simbolo di rimpianto.

L’industria dei fiori, sebbene lucrosa, non è giunta ancora a Sassari a tale sviluppo che non si debba darle continuo incremento e per quanto si voglia dire che sono un oggetto di lusso, devono essere desiderati e amati per la gioia che danno e per il sentimento che esprimono, siano essi rose e profumati garofani, che abbelliscono la nostra mensa, o mesti e pallidi giacinti e crisantemi posati sulle tombe care.