Rare volte nell’estate il termometro sale oltre li 25° di Rèaumur, e nel’inverno si abbassa sotto lo zero, se non sia nelle notti di serenità aquilonare; quindi si notano quali straordinarii fenomeni il caldo e il freddo, che si patisca maggiore del solito, come nell’anno (credo nel 1825?) quando nel giorno di S. Anna fu l’aria così ardente per li levanti-sirocchi che in molte parti ne restarono bruciati anche i pampini, e appassirono le frondi degli olivi ; e nell’agosto del 1839, quando per più di 15 giorni arsero 17 selve della Nurra con sì vasto incendio, che incenerì innumerevoli grossi alberi ghiandiferi e annosissimi olivastri, e distrusse una superba vegetazione, la quale pochi anni prima lo scrittore non potea spesso traversare a cavallo.
Vedesi talvolta del ghiaccio nell’inverno, ma sono sottili i suoi cristalli ed è poco frequente nelle stesse invernate più rigide, che acquistino lo spessore di un dito.
Come in tutte le altre regioni littorane dell’isola è grandissima in Sassari e nel suo circondario la variabilità atmosferica, e accadono brusche mutazioni di temperatura: onde quelli che sono poco cauti e non si tengono ognora preparati alle medesime prendono raffreddori e malanni più gravi.
L’elevazione del terreno alla parte di sirocco, levante e greco, diminuisce la forza de’ venti che spirano da detti punti. Nelle altre parti non essendo agli altri venti simili ostacoli, questi influiscono liberamente, ma predomina il ponente ed il maestrale, i quali spiegano talvolta tanta violenza, che ne restano guastati molti alberi negli oliveti e ne’ giardini.
Le pioggie sono frequenti nell’autunno e nell’inverno, scarse nella primavera: talvolta piove lungamente e con molta veemenza, onde si devono patire danni gravissimi.
Non è in tutte le invernate che nevichi, ma qualche volta nevica in gran copia, e fu tanta intorno al 1850, quanta in luoghi più settentrionali, e nello stesso Piemonte, quando nevica fortemente.
La giovialità sassarese appare ancora in queste circostanze, perché si divertono non solo i giovani, ma anche le damigelle, a scagliar su’ passanti pallottole di neve.
Spesso sentesi molta umidità, massime nelle sere della stagione autunnale. La rugiada è copiosa nella primavera e nell’autunno; la nebbia ingombra sovente le vallate nelle ore fredde del mattino e della sera, e se è di mala natura nuoce alle piante nella fioritura, e guasta i frutti: ma il danno è molto maggiore e più lamentevole se cada sopra fiori delle spighe, o sopra i grani maturanti, perché scema, se non toglie affatto, il raccolto. Cotesta disgrazia non essendo infrequente gli agricoltori e con essi il municipio per antico voto festeggiano tutti gli anni nella cattedrale a S. Giovanni Battista intitolato di la Neula (della nebbia) deprecando con la sua intercessione il flagello della nebbia nera, tanto perniciosa alle messi.
I temporali con grande sviluppo di elettricità, con produzione di grandine e con fulminazione, avvengono a lunghi intervalli; ma i danni sono poco notevoli, sì che si patì più da pioggie dirotte, che dalla grandine.
L’aria di Sassari non era in altro tempo molto pura, perché la cinta delle mura tenendola ristagnante nelle parti più basse, vi si accumulavano i miasmi, prodotti dallo scolo delle feccie de’ molini d’olio e di altre fetenti acquaccie ed immondezze: ma si purgò di molto, quando si aprirono le cloache, e si purificò meglio non ha molto, quando fu rovesciata in alcuni punti la muraglia e diradata un poco la popolazione troppo stivata.
Se nella stagione della malaria si può temere di prender le febbri, queste non si prenderanno nella città, ma nelle vallate.
L’orizzonte di Sassari ha un breve raggio dalla parte dove abbiam indicata l’elevazione del terreno, e in questa parte non vedesi che un solo colore, il verde fosco de’ semprevirenti oliveti; lo ha maggiore dalle altre, perché stendesi ai monti dell’Alghiera, della Nurra, all’Asinara e al mare tra quest’isoletta e la Corsica, sì che nell’amplissima zona si gode una ben vaga prospettiva. Il luogo, onde questo può meglio dominarsi è nell’altura di S. Sebastiano, verso il molino del vento.
La foto ritrae Piazza Azuni innevata nel febbraio del 1956 (Archivio Marras)
(Tratto dal Dizionario geografico, storico, statistico e commerciale compilato per cura del professor Goffredo Casalis, dottore di belle lettere – Torino 1849)