Era un anno di carestia, la quale gravava su tutta l’Isola in generale e sopra Sassari in particolare. Governatore di Sassari, in quell’anno fatale, era il Marchese Alli di Maccarani, di carattere aspro, di ruvide maniere, e soprattutto un vero ebreo per avarizia e ingordigia di lucri, che egli cercava di ottenere ad ogni costo e con qualunque mezzo. L’Amministrazione comunale, come per lo passato, era incaricata di ordinare le cose riguardanti l’Annona; e nel predetto anno le aveva condotte per bene, rendendo meno cruda, se non riuscendo a mitigare, la miseria che regnava in paese. Una delle chiavi del Deposito frumentario, era stata richiesta dal detto Governatore, col pretesto di tutelare i bisogni del popolo. Fatto è però, che i magazzini del grano si aprivano al pubblico con meno frequenza – e ciò in causa della ritenutezza dell’uomo preposto dal Governo. – I Sassaresi, che già conoscevano quanto valeva l’individuo, non tardarono ad indagare le cause che potevano determinare la ritenutezza del Governatore, quindi mormorazioni, rumori, schiamazzi per parte dei popolani, i quali da più mesi non si nutrivano che di erbe e si aggiravano magri e spauriti per le vie, chiedendo l’elemosina, con umili maniere sul principio e con piglio disperato e insolente più tardi. Le ville vicine volevano provvedere di grano Sassari, ma ne ebbero divieto dal Governatore; alcuni negozianti della piazza presentarono alcuni favorevoli progetti al Municipio per la provvista di frumento, ma il Governatore non permise al Consiglio Civico di accettarli, dicendo che se ne sarebbe occupato lui. E diffatti egli commise l’incetta dei grani al libraio Piattoli suo confidente. Il libraio divenne negoziante, e verso la fine del mese di Marzo fece spedire una piccola provvista di grani da Livorno. Egli ebbe dal pubblico una salve di ovazioni; perocché i pochi carri di frumento furono fatti salire per la Piazza in un giorno festivo, mentre le campane suonavano a stormo, e i banditori a suon di tromba facevano accorrere la popolazione da ogni punto della città per vedere quei carri tirati da buoi infiorati e inghirlandati; allo stesso tempo veniva distribuita per le vie una poesia sull’incetta del grano, scritta per ordine del Governatore, e fatta stampare da Piattoli libraio-tipografo. Erano state beffe – un insulto! – perocché quel grano era inaccettabile, perché tutto guasto e di pessima qualità. Il Municipio si sdegnò allora col Governatore, e s’incaricò di far venire il grano. Ma il Maccarani non era uomo da sgomentarsi; offrì anzi 2.000 scudi a prestito, per la nuova incetta. Si seppe però che quel danaro non era suo; esso proveniva da un deposito giudiziale fatto a sue mani; tanto è vero che non consentì che si spendesse, e lo ritirò dal Municipio dopo parecchi giorni. Che fece Maccarani? Cercò sottomano di far smaltire ad ogni costo il frumento avariato del suo socio Piattoli, mentre il grano sovrabbondante che veniva dai villaggi si passava in Sassari sotto gli occhi degli affamati, per essere trasportato in Alghero, dove lo stesso Maccarani era inteso con una Società di traffico nell’Annona. Lo sdegno del popolo cominciò a sfogarsi con satire e canzoni contro il Governatore – e così si venne fino al 22 Aprile. I particolari qui sopra riportati sono quelli contenuti nel processo compilato in quella circostanza da alcuni delegati viceregi spediti a Sassari per fare un’inchiesta sulla condotta del Governatore. La mattina del 23 Aprile il popolo si alzò dal letto più famelico, e più di malumore del solito. Essendo maggiore che negli altri giorni la scarsezza del grano, esso pensò di fare una piccola dimostrazione; ma volle la mala ventura, che i poveretti i quali domandavano pane fossero maltrattati dalla soldatesca. La misura era colma, e l’ira popolare scoppiò senza ritegno, in tutto il suo furore. Un frate assisteva a tutti quei fatti, e li descrisse. Era il nostro paziente Sisco; ed io credo fare un regalo ai miei concittadini riportando fedelmente quella descrizione, che io tolgo dai manoscritti dello scrupoloso cronista, rimasti finora inediti, ed esistenti ora nell’Università di Sassari – (Libro di Memorie, Tomo III, pag. 90 e seguenti).