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Il Castello di Sassari

Antico Castello

Prima di parlare del famoso castello costrutto dagli aragonesi nel sesto lustro del secolo XIV, daremo un cenno di quello più antico, che vuolsi sorgesse nell’area stessa. L’Angius afferma che questo castello sorse per opporre resistenza ai saraceni, i quali nel 1024 ebbero uno scontro coi logudoresi, capitanati dal Giudice Guglielmo Manca e dal figlio – entrambi caduti combattendo. Questa storiella non è che una solenne impostura, tolta da quel manoscritto di Gilj, che fa parte delle famose carte di Arborea. Dell’antico castello si fa realmente menzione nel testamento del re Enzo (marito di Adelasia di Torres), perché egli nel 1272 lo lasciò ai nipoti, insieme ad altri beni che diceva possedere in Sardegna. A meno che per Castrum Sassari noi non vogliamo intendere la città fortificata. In una carta del 1253 si ha menzione del pòrticu domus Domini Regis Henthi. Alludeva esso all’antico castello, oppure al palazzo Reale, l’uno o l’altro stanza dei Giudici in Sassari?

Castello degli aragonesi

La costruzione di questo castello venne cominciata nel 1327, e vuolsi condotta a termine nel 1331. Il Fara lo dice costrutto nel 1342, e forse è la verità. Siffatto edifizio significava per i sassaresi un’ammonizione ed una minaccia. Ricordava loro la ribellione al re di Aragona, il quale li aveva cacciati dalla città per ripopolarla di catalani. Per fortuna, allo sdegno succedette il perdono e i sassaresi poterono rientrare nelle proprie case. In memoria di questo fatto il re Don Giacomo fece costrurre il castello, per dare una lezione agli abitanti di Sassari, nel caso avessero tentato una nuova ribellione. Spigolerò alcune notiziette, in ordine cronologico, tolte da appunti presi nell’Archivio di Stato, o da altri documenti. Con Decreto del 23 Gennaio 1331 il re Alfonso assegnò la metà del prodotto dei bandi e delle macchizie alla Curia del Vicario e del Bajlo di Sassari per portare a compimento il castello e ordinò di affrettare l’opera per il decoro della città. Con carta reale dell’11 successivo Marzo Raimondo di Montepavone venne nominato Vicario e Castellano di Sassari. Dunque (scrive il Pillito) non fu Governatore, come lo dice il Fara. Io credo che si trattasse di altra carica onorifica, poiché altrimenti non si spiegherebbe lo stemma di Montepavone apposto sulla facciata dell’edifizio. Con l’atto solenne di pace fra il re Don Giovanni di Aragona ed Eleonora di Arborea, stipulato il 31 Agosto 1386, fu convenuto, fra le cose, che il Re potesse bensì eleggere a suo piacimento il castellano del Castello di Sassari, ma i soldati dovevano essere tutti sardi e di Sassari; e se a questo non si acconsentiva, il Castello verrebbe distrutto, (que det Castell se deja tot desfer y meter en terra). Quattro anni dopo (nel 1390) il Castello fu espugnato da Brancadoria, marito di Eleonora. Con Privilegio del 1440 Don Giacomo Besora venne creato Castellano del Castello, con 300 ducati d’oro all’anno, oltre il sueldo ordinario. Con carta del 24 Agosto 1447 il re Don Alfonso accrebbe il presidio del Castello, portando il numero dei soldati da 20 a 25, pagati con tre ducati mensili caduno . Nel privilegio leggesi, aver detto il re, che dalla conservazione di Sassari dipendeva la sicurezza del Logudoro ed anche dell’Isola intera. Il Castello era in rovina nel 1455, anno in cui si decretò di eseguire le necessarie riparazioni in vallo, seu barbacano, et in muris. Nel 1503 il Castello fu maggiormente fortificato con un fosso all’interno ed una strada coperta dirimpetto alla porta principale. Fu inoltre costrutto un bastione a volta, con disegno e sotto la direzione di Antonio Ponzio. Così il Fara e l’Angius; Vico e il Cossu lessero Antonio Pertis, riportando la seguente iscrizione, che esisteva in una parete del Castello: Felici sub imperio gloriosissimi Castellae, Aragonum, Ciciliae, Sardinae regis procurante Joanne Dusai regente generalem locum tenentem, Petro Joanne de Montebovino gubernatore, urbis Conciliari Francisco Meloni… Vidini, Bernardino Ferrale, Bernabe Pedrello, et Antonio Angio, Nofre de Gualbes, Perote Arcis, antemurale hoc cum fossa publica impensa triennio elaboratum est arte Antonio Pertis. Anno 1503. Nel Parlamento del 1510 si propone, che ai detenuti cavalieri si destini il Regio palazzo di Cagliari, o il palazzo del Governatore in Sassari – e questo s’intende per il Castello, dove allora i Governatori avevano stanza. Anche nel 1530 il Castello era in rovina, e per il restauro si spesero Ls. 766,0. Fra le spese sono comprese: quatro banderes y un estendart por le cinq torres, de tela pintada; la porta falsa toda nova, y dos bigues (due travi) por lo pont levadis; la campana que es trenquada, que pesa quatro quitars. Questa campana, che pesava 294 libre, fu effettivamente rifusa; e dalla fusione della nuova sopravanzarono 19 libre di metallo. Risulta dalle altre numerose spese fatte che il Castello in quel tempo era in uno stato deplorevole, e ci spieghiamo il perché due anni addietro (nel 1528) i francesi assalirono con tanta facilità le mura di Sassari. Pare che il Castello, nella prima metà del secolo XVI vantasse un certo numero di camere bene arredate e decorate e che oltre l’alloggio del Capo Inquisitore (che vi dava udienze) disponesse di appartamenti signorili per ospitare personaggi distinti ed autorevoli. Per dipingere le bandiere e lo stendardo del Castello si erano pagati nel 1531 cinque ducati (ossia 14 lire) al pittore sassarese Joanne del Gillo. Si fa pur menzione nello stesso anno di altri pittori di Sassari che avevano dipinto nelle sale del Castello quadri ed altre tele e fra gli altri di un tal mastro Antonio de Campus, autore di una Deposizione dalla croce. Il Viceré (di passaggio a Sassari) ordinò nel 1531 l’acquisto di polvere ed armi per uso del Castello. Quattordici anni dopo (nel 1545) il Sindaco di Sassari supplicava di nuovo il Parlamento perché il Castello venisse provveduto di artiglieria. Nel 1557, in occasione della imminente venuta a Sassari del Viceré (che trovavasi in Alghero) si erano trasportati molti mobili al castello per arredarlo convenientemente. Il 3 Giugno 1687 Don Vincenzo De Molinos, Inquisitore del Santo Ufficio di Sassari, fece istanza perché fossero eseguiti alcuni restauri nel Castello – sia per potervisi rifuggiare i cittadini in caso d’invasione, sia per più sicura custodia delle carte del Santo Tribunale, le quali si tenevano nella camera del Secreto. Ben inteso che si negò quanto chiedeva (Pillito). – Nel 1692 era alloggiato nel Castello l’Inquisitore apostolico Don Francesco Horega de Castro, il quale nel Gennaio ricevette in udienza il Segretario di Città.

L’edifizio

Dalle diverse notizie date, il lettore ha potuto farsi un’idea dell’edifizio del Castello. Il Fara, nel 1580, ne fa la descrizione nel modo seguente: «… Il Castello è di forma quadrangolare, ed è costrutto a pietre squadrate, con quattro torri negli angoli, ed una quinta in cui è la porta d’entrata e di uscita verso la città. Esso ha quattro porte nelle quattro linee delle muraglie ed un bastione a volta… E’ circondato da ameni orti; ha pozzi e cisterna, ed una porta segreta, la quale per una lunga e tortuosa strada, difesa da altre tre porte, conduce al di fuori della città… In questo Castello risiedeva un tempo il Comandante Regio con le truppe della guarnigione; ma ora (1580) è abitato dagli Inquisitori apostolici di tutta la Sardegna e vi sono le carceri del Santo Ufficio…». L’edifizio in seguito subì qualche modificazione. Vennero chiuse alcune porte e finestre per aprirne delle nuove in diversi punti. Sulla facciata della torre centrale, l’una sotto l’altra, erano due decorazioni in rilievo, incorniciate in un doppio quadro, con ornati originalissimi di stile gotico, degni di essere conservati. Grosse palle di granito adornavano la sommità delle torri e del campanile centrale. Le quattro torri poste agli angoli avevano nomi speciali a noi tramandati dalla tradizione, cioè: la torre aragonese, la torre dei Doria, la torre del Castelletto e la torre dell’Inquisitore. Quest’ultima era quella esposta a nord-ovest, sormontata dai due pilastri che sostenevano il campanone; l’altra opposta, a nord-est, servì al Lamarmora per uno dei punti trigonometrici di primo ordine, la cui altezza sul livello del mare gli risultò di metri 220,12. Io credo erronea la denominazione di Torre Doria, la quale era una di quelle collocate intorno alla città. Nei documenti trovo menzionate: la torre dell’orologio (forse la centrale); la torre del Campanone, e quella di San Vincenzo (che servì di polveriera nel 1795). Cinque stemmi decoravano la facciata a tramontana della torre centrale e di quella del campanone, i quali rivelavano l’età dell’edifizio. In uno era scolpita la torre (arma della città di Sassari); nel secondo i pali di Aragona (arma regia); nel terzo un pavone (stemma di Raimondo di Montepavone, governatore di Sassari, secondo il Fara, e castellano e Vicario, secondo il Pillito, nel 1327); nel quarto un cervo (arma di Cervellon, Governatore Generale di Sardegna nel 1328); il quinto scudo era spaccato da una fascia (arma forse del Podestà e del Capo Giurato, o di qualche distinto personaggio del tempo, a noi ignoto). Questi stemmi si trovano oggi incastrati in una parete del Cortile della Caserma militare, ivi trasportati dal colonnello Conte di S. Elia, quando nel 1877 venne demolito il Castello.

Il Campanone

Nella torretta, o piuttosto campanile della torre detta dell’Inquisizione, era una grossa campana, chiamata dal popolo il campanone, fino a questi ultimi tempi. Questa campana non era l’antichissima: era stata collocata nel 1759, ed i suoi lugubri rintocchi annunziavano soltanto l’imminente esecuzione capitale di un condannato a morte, la passeggiata per la città di un condannato alla galera a vita, la fustigazione e il tratto di corda ad un malvivente (così nel R. Editto 13 Marzo 1759). Il ministro Bogino l’avea fatta fondere (o forse rifondere) in Sassari nel detto anno. La iscrizione che vi si leggeva in rilievo era la seguente: Ad terrendos malos Vox justitiae ultricis. Ex.mo D. Comite Tana Pro Rege. A. D. MDCCLIX, Fecit Ledda Sardu. Oltre questa scritta, in diversi punti del campanone si notavano due scudi: quello Reale, ed altro gentilizio (forse quello del Viceré Conte Tana).Vi si vedevano pure un San Francesco col vessillo della Redenzione, ed un San Domenico di Gusman, che aveva ai piedi uno scudo, col moto: Judicium et justiziam (sic). Abbiamo altrove notato che l’antica campana dell’inquisizione, essendo rotta (trenquada) venne rifusa nel 1530, e Dio sa quante altre volte venne rotta e rifatta. I padri Domenicani la facevano picchiare con troppa frequenza al tempo che si accendevano i roghi nella Carra grande! Si crede comunemente che il campanone del 1759 sia quello che oggi batte le ore nell’orologio del Palazzo Provinciale; ma non è così. Il Campanone del Bogino, anziché conservarlo, fu mandato dal Governo alla fonderia di Voltri; ed uscì dal porto di Torres il 3 Dicembre del 1883. Esso pesava 533 chilogrammi (Paglietti).

Orologio del Castello

All’angolo destro della Torre centrale vi fu sempre, fino alla demolizione del castello, un pubblico orologio che faceva molto comodo agli abitanti della città. Questo orologio risaliva ai primi anni del secolo XVII. Tola scrive che nel 1604 la città acquistò a sue spese il pubblico orologio del Castello dell’Inquisizione; il Sisco invece ci dice, che nel 1606 essa contribuì con L. 3.100 alla costruzione e collocamento di quell’orologio. Gli stessi due storici riferiscono, che l’anno seguente (1607) la Città cedette al Capo Inquisitore i dodici mascheroni di bronzo della fontana di Rosello, affinché venissero fusi per fare la campana dell’orologio del Castello (non il campanone, come erroneamente asserì il Tola nel 1835). Anche nel 1609 la Città contribuì con 25 patacche alla perfezione di questo orologio, il quale non funzionava bene. Nel Maggio del 1836 la Città si rivolge al Governatore, supplicando di riparare il solaio dell’orologio del Castello, per evitare un guasto alla costosa macchina.

Vicende del Castello

Il Castello venne destinato a molteplici usi. Servì nel secolo XIV di residenza al Governatore di Sassari ed alle truppe di guarnigione che vi mandavano i Re di Aragona. Sostenne diversi assedi, e fu parecchie volte preso d’assalto dai Doria e dai Giudici di Arborea. Fu stanza del terribile Tribunale del Santo Ufficio, dopo che nel 1492 (e più probabilmente nel 1563) venne stabilita in Sardegna la Inquisizione, con sede in Sassari. I figli di San Domenico si servirono dei sotterranei come prigioni e per dare i tormenti. Verso il 1630, Don Pietro de Mores y Molinos, Maggiordomo di Artiglieria e Municionero Major, riferisce al Viceré che l’aposento o torre del Castello, dov’è la polvere, minaccia rovina. Passata la Sardegna sotto il dominio di casa Savoia, e soppresso il Tribunale dell’Inquisizione, una parte del Castello servì di Caserma per le Regie Milizie, e l’altra parte fu lasciata a disposizione dell’Arcivescovo che se ne servì  come prigione ecclesiastica. Servì pure alla detenzione dei nobili e delle persone distinte, quando commettevano qualche nobile bricconata. Servì a carcere civile, quando le carceri di San Leonardo rigurgitavano di prigionieri. Ivi si chiudevano specialmente i condannati a morte negli ultimi tempi, e di là uscivano per essere tratti al patibolo. Nel 1795, quando si seppe che gli angioini volevano prendere di assalto la città dalla parte di S. Sebastiano, vennero ritirate le polveri da un magazzino adiacente alle muraglie, per chiuderle nella torre del castello, detta di S. Vincenzo. Nel 1807 si studiò il modo di ridurre alcuni ambienti ad uso di prigione; nel 1816 vi si fece un ospedale per i detenuti; nel 1825 si studiò un progetto più vasto, bilanciando la spesa di lire 132mila; nel 1833 il Re approvò la spesa in L. 83.700, ma il progetto fu sospeso, perché l’Arcivescovo dichiarò che il Castello gli apparteneva fin da quando vi cessò il Tribunale dell’Inquisizione. Nel 1835 (come apprendiamo da Valéry) la torre dell’Inquisitore serviva ancora di polveriera. Nel Giugno del 1842 i negozianti Bargone, Valdettaro e Rau (che fabbricavano nelle adiacenze del Castello) chiesero che venisse demolita una torre che fronteggiava le loro case. Il Municipio rispose, che nessuna ragione poteva consigliare la demolizione di quella torre «perché senza alcun compenso di miglior aspetto; e di più si toglierebbe la simmetria di un Castello, che lascia all’osservatore la bella idea di una fortezza imponente, e di un’antichità in tutti i sensi rispettabile…». I consiglieri di quel tempo ebbero più buon senso di quelli del 1869. In questo anno il Consiglio comunale di Sassari deliberò la demolizione del suo Castello; ma l’insensato progetto si effettuò otto anni dopo. I primi colpi di piccone si diedero nel Marzo del 1877, ma la rocca aragonese scomparve del tutto verso il 1880, per far luogo alla nuova Caserma che oggi sorge nella sua area.

Ricostruzione grafica della cinta muraria e del Castello Aragonese di Sassari (e della posizione che l’edificio occupava) realizzata dal grafico sassarese Alessandro Luiu